Macchine che parlano come umani – Dalla leggenda alla scienza

Siamo circondati da macchine che parlano – dai distributori automatici ai nostri smartphone. E lo fanno in maniera sempre più umana. Ormai ci siamo abituati. Ma chi fu il primo a possedere un “automa” parlante? Un Papa intorno all’anno Mille, pare…
Macchine che parlano come esseri umani

Foto: LucasFilm

“Sentiamo le voci” tutti i giorni. Voci che provengono da macchine. Con alcune abbiamo già familiarizzato da lungo tempo (quelle che ci augurano buon viaggio al casello automatico in autostrada, o quelle che ci chiedono di attendere in linea ai call center); con altre – più moderne e “intelligenti” – abbiamo iniziato a intrattenere conversazioni (più o meno brillanti) da poco (l’assistente vocale di Google o Siri dei sistemi iOS).
I giganti tecnologici sono tutti al lavoro per sviluppare strumenti sempre più raffinati di comando e interazione vocale. È una delle frontiere più promettenti, dalla domotica alle self driving car.
L’obiettivo – che pare sempre meno fantascientifico – è quello di dare l’avvio a un’era in cui umani e macchine saranno in grado di parlare tra loro. Un sogno, dai risvolti anche inquietanti, che affonda le sue radici molto indietro nei secoli.

Più di mille anni fa

Anno del Signore 999. Il popolo teme che nel giro di dodici mesi il mondo giungerà alla fine: “Mille e non più Mille”, recita la profezia. Ma la vita, nell’attesa, deve andare avanti: e il 2 aprile viene eletto al soglio pontificio papa Silvestro II, al secolo Gerberto di Aurillac, il primo Papa di origine francese.
Un uomo dall’erudizione sterminata, considerato tra le personalità intellettuali più importanti di tutto il Medioevo, dotto in filosofia e in scienza, profondo conoscitore della cultura araba, di cui trasferì molte conoscenze nell’ambito dell’aritmetica e dell’astronomia in Occidente.
Forse furono proprio queste sue doti così fuori dalla norma a procurargli la fama di mago, di stregone in contatto con il demonio. “Il papa possiede una testa parlante, che consulta prima di prendere ogni decisione” si mormorava.  E pare che ci fosse del vero: con il dettaglio che quella “testa”, in realtà, doveva essere uno dei primi esperimenti di eliopila, un recipiente riempito d’acqua che, una volta portata a ebollizione, fuoriusciva sotto forma di vapore dalle fessure. Il risultato erano dei sibili che – con una buona dose di fantasia – suonavano come lamenti umani.

Uno scienziato danese, un inventore slovacco e un illusionista austriaco

Facciamo un salto avanti di sette secoli, e da Roma traslochiamo in Danimarca. Patria di Christian Gottlieb Kratzenstein, uno scienziato che dedicò gran parte della sua vita allo studio dell’apparato vocale umano. Fino a produrne, nel 1780, un modello meccanico capace di articolare distintamente le cinque vocali.

Passano pochi anni e il barone Wolfgang von Kempelen, ungherese (nato però nell’attuale Bratislava), annuncia al mondo la sua invenzione: la “Macchina parlante”, capace di pronunciare più di 30 frasi di senso compiuto. Personaggio dall’ambigua fama, il von Kempelen, celebre anche per “Il turco”, un “automa” di sua invenzione capace di giocare a scacchi… In realtà, si rivelò comandato da un uomo nascosto al suo interno.

Ambigua era anche la fama di Joseph P. Freud, illusionista viennese che emigrò negli Stati Uniti all’inizio del Novecento,  e noto al pubblico come mago Joseffy. La sua più stupefacente invenzione fu “Balsamo – The Living Skull” un teschio in rame, ben dipinto e decorato, con tanto di veri denti umani. Balsamo sapeva fare le addizioni e leggere l’ora. E sapeva rispondere alle domande del pubblico: tutto tramite una serie di risposte preconfezionate e un meccanismo a molla, azionato abilmente dal mago per sortire un effetto di realtà.

Infine, la scienza

È negli anni Trenta del Novecento che il sogno di far parlare le macchine si trasferisce definitivamente dagli ambiti della leggenda, della magia, dell’illusionismo a quello della scienza e della tecnica.
Nel 1928 infatti, Homer Dudley, ingegnere dei Bell Labs, conduce il primo esperimento con un vocoder – l’antenato dei moderni sistemi di sintesi vocale – poi brevettato nel 1935. Suono metallico, ma frasi perfettamente comprensibili.

Tutto cambiò con l’avvento dei primi computer, e nel 1961 – sempre all’interno dei Bell Labs (in New Jersey) – i fisici John Larry Kelly Jr e Louis Gertman sfruttarono un IBM 704 per sintetizzare, per la prima volta, la voce umana.
Il marchingegno dei due scienziati cantò “Daisy Bell”, una vecchia canzone del 1892 di Harry Dacre. A quella dimostrazione era presente lo scrittore Arthur C. Clarke, l’autore di “2001: Odissea nello spazio”; quando Stanley Kubrick girò il film ispirato al romanzo fece cantare ad HAL 9000 proprio quel pezzo: un’interpretazione calda ed accorata, in cui il supercomputer di bordo si cimenta proprio mentre l’astronauta Dave Bowman procede alla sua disattivazione.

La pellicola uscì nelle sale nel 1968; ai tempi in cui un computer che parla e interagisce con l’uomo era (quasi) solo fantascienza. Oggi invece…basta guardarsi intorno, o dentro le tasche in cui teniamo lo smartphone.

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