Megan Toon, originaria del Regno Unito, lavora nel team di Pubbliche Relazioni di Babbel. In occasione dell’8 marzo, la Giornata internazionale della donna, Megan ci invita ad esplorare i punti di vista e le storie delle donne che lavorano all’interno dell’azienda per scoprire come si rapportano a tematiche come il genere, il linguaggio e la tecnologia nel settore delle startup.
Che cosa ti affascina della tua professione e di Babbel?
Annabella Da Encarnacao: Sono Vice President of Marketing Performance, responsabile dei canali di acquisizione degli utenti, ovvero quelli che procurano nuovi clienti per Babbel. Babbel è stata la scelta ideale per me, perché ero impaziente di lavorare per un’azienda con una visione ben chiara e su un prodotto che avesse come scopo quello di cambiare in meglio la vita delle persone.
Maria Robledo: Sono Director of Engineering. Penso che la tecnologia possa cambiare il mondo e voglio lavorare in un settore che abbia un impatto sulle persone e sulla società. Babbel risponde a questa mia esigenza, oltre ad essere l’azienda che mi ha offerto l’opportunità di lavorare al di fuori della Spagna e di iniziare una carriera in Germania.
Belén Caeiro: Sono Director of Product Marketing, una branca dell’industria tecnologica che ha il compito di stabilire come meglio comunicare le innovazioni relative a un prodotto così che l’utente possa comprenderne meglio il valore. Sono sempre stata alla ricerca di spazi creativi in rapida evoluzione, cosa che ho trovato all’interno dell’industria tech. Agli esordi, la mia carriera non aveva a che fare né con il prodotto né con il marketing: è stata la mia esperienza a condurmi gradualmente fin qui.
Nicki Hinz: Ho sempre amato sia le lingue che la tecnologia (credo di essere abbastanza geeky in questo senso) e Babbel è davvero il luogo perfetto per combinare queste due passioni. In precedenza ho lavorato come insegnante nel Regno Unito e, prima di iniziare a lavorare qui, avevo già usato Babbel per anni. Ora sono Senior Project Manager per la lingua tedesca, il che mi dà l’opportunità di creare contenuti e di dare forma all’esperienza di apprendimento di chi studia il tedesco.
Julie Krauniski: Sono Public Relations Manager per il Brasile e sono responsabile di aumentare la brand awareness di Babbel in America Latina. Ho studiato giornalismo e, come accade a molti giornalisti, alla fine sono entrata nel mondo delle pubbliche relazioni. Questi due lavori sono complementari e richiedono entrambi determinate competenze. Ad esempio, sia per lavorare nelle pubbliche relazioni che nel giornalismo viene richiesto di saper scrivere in maniera creativa e di saper interagire con le persone. Attraverso il mio lavoro posso far conoscere un prodotto che influenza la vita delle persone in modo positivo e in misura rilevante.
Nazly Sabbour: Sono una Data Scientist nell’Analytics Decision-Making Team e aiuto i team interni a prendere decisioni sulla base dei dati relativi agli utenti e al prodotto. Babbel offre un ambiente accogliente e ha una vasta utenza. Quest’ultimo è un dettaglio essenziale per una data scientist, visto che abbiamo bisogno di un certo numero di dati per giungere a conclusioni apprezzabili. Per me è anche importante lavorare su un prodotto che abbia un impatto positivo sulle persone e a cui gli utenti tengano.
Cosa vorresti realizzare durante la tua carriera da Babbel?
Annabella: Penso che il mio lavoro dia la possibilità agli altri di superare i propri limiti. Mi piace vedere una persona crescere sin dal primo giorno, all’inizio di quello che magari è il suo primo impiego, imparare nuove cose riguardo all’azienda e al prodotto e migliorarsi al di sopra di qualsiasi aspettativa.
Nicki: Voglio diffondere la passione per le lingue e la loro conoscenza. Lavorando come insegnante in una classe ci si ritrova forse a confrontarsi con una ventina di studenti, grazie a Babbel invece ho la possibilità di raggiungere decine di migliaia di utenti. Voglio anche che il mio lavoro mi permetta di crescere come persona. Babbel offre l’opportunità di imparare e di misurarsi in nuovi ambiti, di sbagliare e di imparare dai propri errori.
Julie: Una volta ho partecipato a una giornata dedicata al team building e ci è stato chiesto di inventare il nostro slogan. Il mio era “ogni latino impara le lingue”, che si ricollega al mio ruolo da Babbel. Solo il 5% dei brasiliani è bilingue. Eppure parlare un’altra lingua costituisce non solo una semplice opportunità lavorativa ma aiuta anche ad aprire la mente. Quando parli un’altra lingua, sviluppi più empatia e comprensione degli altri. Voglio cambiare le cose e diffondere l’apprendimento delle lingue in tutta l’America Latina.
Ti sei mai scontrata con pregiudizi relativi al genere, sia consci che inconsci? Questa esperienza ha modificato il modo in cui ti approcci al lavoro?
Belén: Certamente. Mi sono imbattuta in commenti legati al genere già nel corso dei miei studi in ingegneria energetica. Eravamo 10 donne in una classe di 200 persone. Mentre la maggior parte dei professori ci scherzava su, dicendo “queste donne vi faranno le scarpe perché non solo si impegnano di più ma sono anche più intelligenti”, altri sostenevano che non fossimo “adatte” a lavorare nel settore petrolifero. Ho lavorato a contatto con culture aziendali aggressive e ho vissuto una forma di competizione non sana tra team e persone di sesso opposto. Ai tempi, il mio modo di integrarmi in un settore dominato dagli uomini era di comportarmi a mia volta come un uomo. Volevo dimostrare che potevo essere altrettanto competitiva, per provare che non avevo bisogno di essere trattata in maniera diversa.
Julie: Io subisco tre tipi di preconcetti: sono latina, di origini africane e donna. I pregiudizi influiscono su di me ogni giorno. Per esempio sento battute che, dietro l’umorismo, nascondono una forma di discriminazione di genere o razza. Si tratta di bullismo. I pregiudizi che ho subito mi hanno resa più empatica e sensibile riguardo a problematiche che altri magari nemmeno notano. Nel mio lavoro posso dare a Babbel responsabilità sociale, laddove lingue e pregiudizi si incrociano.
Nazly: Nel corso di colloqui con altre aziende mi è stato chiesto se avevo in mente di avere figli. Non credo che agli uomini vengano fatte domande simili e non sento di dover rispondere. Credo che questo tipo di domande dimostrino che queste aziende sono prevenute nel processo di selezione del personale e questo spesso si traduce anche in un ambiente di lavoro prevenuto. D’altro canto, credo che le donne debbano essere forti e non troppo suscettibili in queste situazioni. È importante rendersi conto anche del retroterra culturale delle persone. Commenti discriminatori possono derivare dal contesto culturale in cui si è cresciuti. A volte i commenti sono dovuti a un vero e proprio pregiudizio, altre volte vengono semplicemente da una persona maleducata o ancora che è cresciuta in un contesto culturale diverso.
Il settore in cui lavori propende in favore di un genere rispetto a un altro? Questo fattore ha modificato il modo in cui ti approcci al lavoro e al management?
Annabella: Il team che supervisiono al momento ha un numero equilibrato di uomini e donne. Ho raggiunto questo traguardo lavorando con le persone, non con il loro genere. Dobbiamo anche riconoscere che il pregiudizio esiste al di là del lavoro. Si manifesta tutti i giorni e per questo è necessario far sentire la propria voce quando ciò accade, per assicurarsi che l’ignoranza che l’ha generato venga contrastata.
Maria: Non ho mai avvertito una differenza nella supervisione di uomini e donne. Sono sicura che dipenda anche dalla personalità di ciascuno e dall’ambiente in cui si è cresciuti. Sono cresciuta con due fratelli, quindi suppongo che questo aiuti, ma è anche vero che è necessario avere una forte personalità.
Belén: L’industria tecnologica è un campo dominato dagli uomini. Nel mio precedente lavoro ho capito come il pregiudizio inconscio possa manifestarsi anche nell’ambiente lavorativo. I pregiudizi sono reazioni radicate e difficili da evitare, ma creare consapevolezza in merito ci unisce e ci consente di trovare una soluzione. A tutti è capitato di sentirsi vittime di un pregiudizio, anche agli uomini. Ora che siamo tutti più consapevoli del divario esistente tra i generi dobbiamo mettere in atto regole di base. Io, per esempio, comunico il prima possibile ai membri del mio team che i pregiudizi inconsci possono capitare anche sul lavoro, in modo da trovare insieme delle soluzioni per evitare di cascarci.
Sul tema della parità di genere come si differenzia Babbel dalle altre aziende? Quali sono le iniziative rivolte ad affrontare questo tipo di problematiche?
Annabella: Qui da Babbel l’ambiente è variegato: si tratta di uno dei nostri punti di forza, motivo per cui la diversità è uno dei nostri valori aziendali. Incoraggiamo i nostri dipendenti a prendere iniziative e a portarle avanti. Alcuni dipendenti di Babbel hanno dato vita in maniera indipendente a una serie di presentazioni interne, “Stranger Talks”, finalizzate ad affrontare temi come l’etnicità, il genere e altri argomenti riguardanti la diversità. Un’iniziativa che mi rende davvero orgogliosa.
Maria: Non ho mai lavorato per un’azienda così consapevole e attiva riguardo alle questioni di genere. Non solo Babbel è consapevole del divario di genere, ma sta anche attivamente prendendo provvedimenti per colmare questo divario. Ad esempio, quando cerchiamo candidati, le descrizioni della posizione sono sempre scritte con un tono neutrale, che non carica in alcun modo il linguaggio delle differenze di genere.
Nicki: Qui da Babbel collaboro all’organizzazione di un evento chiamato “Stranger Talks”, in cui offriamo alle persone all’interno dell’azienda una piattaforma bisettimanale per parlare di questioni relative alla diversità. Gli argomenti che esaminiamo sono molto vari e includono, tra gli altri, anche genere, etnicità e religione. Il nostro obiettivo è quello di dare spazio a queste tematiche e avviare un dialogo. Inoltre, su iniziativa del “People and culture leadership circle” di Babbel, invitiamo ragazze in età scolare per dar loro modo di parlare con i nostri ingegneri e imparare da loro. Vogliamo mostrare alle ragazze i risultati che possono raggiungere in un’azienda all’insegna della diversità e dell’emancipazione.
Cosa pensate che le donne e le aziende possano fare in favore della parità di genere sul posto di lavoro?
Annabella: In base allo studio Catalyst 2016 solo il 24% dei ruoli di senior management è ricoperto da donne. È troppo poco: abbiamo bisogno di più donne leader e credo che queste donne abbiano bisogno di maggiore visibilità. A livello di senior management, da Babbel siamo riusciti ad ottenere questo equilibrio. Mi rendo conto di quanto questo stia facendo la differenza anche altrove, arrivando a influenzare anche le politiche di altre aziende. Credo quindi che dobbiamo continuare a mettere in evidenza le organizzazioni che promuovono la parità di genere e prenderle come punti di riferimento.
Maria: Bisogna essere consapevoli del divario di genere. Molte aziende si nascondono dietro lo stereotipo di un settore mono-genere, ma invece dobbiamo chiederci perché le donne non si candidano per certe posizioni. Noi donne nel campo dell’ingegneria abbiamo bisogno di parlare più apertamente degli aspetti positivi del nostro lavoro e del nostro settore, dei benefici e del supporto che possiamo offrire sia a uomini che a donne. Dobbiamo discuterne con amici, familiari, colleghi… con tutti!
Belén: Penso che siamo giunti a un punto in cui è necessario coinvolgere tutti nel dibattito. Ciò che promuove un genere può provocare alienazione nell’altro. Dobbiamo assicurarci di non isolare nessun gruppo sociale e di mostrare come colmare il divario di genere sia un vantaggio per tutti. Quando avremo una pari rappresentanza delle donne nel mondo del lavoro, parità salariale, congedo di maternità e di paternità, anche gli uomini verranno liberati dagli stereotipi, dalle aspettative e dalle pressioni della società. Si avranno così due esiti positivi: un maggior supporto alle donne e il venir meno di aspettative predefinite basate sul genere.
Julie: Le donne possono partire da loro stesse. Molte donne hanno una mentalità sessista radicata che deriva dalla cultura in cui sono state cresciute. Una volta che cambiamo il nostro modo di pensare e la nostra percezione di noi stesse ci vedremo per quello che siamo veramente. Quando si scontrano con dei pregiudizi, le donne devono far sentire la propria voce. Parlare potrebbe non cambiare la mentalità del capo o di un collega nell’immediato ma, se parliamo ogni volta che succede qualcosa, metteremo in moto un cambiamento. A volte, chi è in una posizione privilegiata non è consapevole di come il suo comportamento possa influire su chi lo circonda.
Se poteste dare un consiglio a voi stesse quando avevate 20 anni e stavate muovendo i primi passi per costruire la vostra carriera, cosa vi direste?
Nicki: Sii più audace! Ho spesso esitato e permesso allo scoraggiamento di influenzare le mie decisioni. Ora mi dico che devo provarci: non importa se commetto un errore, l’importante è riuscire a imparare la lezione e andare avanti. Gli errori arricchiscono le esperienze e sono proprio quelli ad avermi aiutata a crescere come persona.
Julie: Non lavorare a qualcosa in cui non credi. Il piacere di lavorare a qualcosa a cui si tiene è essenziale per sentirsi realizzati e ispirati. D’altro canto, anche lavorare in organizzazioni e su prodotti che non mi piacevano è stato importante per me, per acquisire esperienza. Non tutti possono lavorare a qualcosa di rilevante, di questo sono consapevole e sono grata di poterlo fare. Le mie esperienze negative mi hanno reso quello che sono oggi e mi hanno regalato un punto di vista unico.
Nazly: Guardare le cose in prospettiva. Ad esempio, io ho intrapreso una carriera nell’informatica perché mi piacevano la matematica e la programmazione. Quando ho preso questa decisione, però, non ero a conoscenza del fatto che una carriera nell’informatica mi avrebbe limitato in altri aspetti della mia vita. La maggior parte delle società di informatica sono infatti concentrate nelle grandi città. Non avevo considerato il fatto di dovermi trasferire in città e, se l’avessi fatto, avrei forse scelto un percorso diverso.
Siete coinvolte in iniziative relative al genere sia da Babbel che fuori?
Annabella: Partecipo al “Lean-in Circle” a Berlino. “Lean-in” è una comunità globale in cui le donne si incontrano regolarmente, condividono le proprie esperienze e si aiutano a vicenda, avviata da Sheryl Sandberg, COO di Facebook. Il loro “ethos” è che le donne trovino reciproco appoggio in un contesto al femminile. Faccio anche parte delle iniziative “Women in Tech”, finalizzate a ispirare, celebrare e mettere in contatto le donne che lavorano in questo settore.
Belén: Nella mia precedente azienda, ho cofondato un gruppo autoorganizzato il cui obiettivo era quello di contribuire all’emancipazione delle donne sul posto di lavoro, portare ispirazione e fare da trampolino di lancio per le donne di successo. Abbiamo organizzato workshop sulla programmazione e sullo sviluppo del prodotto, ma anche workshop mirati a sviluppare le capacità di negoziazione e di parlare in pubblico, e abbiamo invitato a parlare donne esterne che hanno rivoluzionato il proprio settore. Ad esempio abbiamo ospitato Obi Felten, a capo di Google X presso la Google Moonshot Gallery, e il suo intervento ha attirato un vasto pubblico, sia maschile che femminile. Le persone che venivano erano interessate alla speaker e all’opportunità di incontrarsi e discutere, indipendentemente dal fatto che fossimo un gruppo di sensibilizzazione per le donne.
Nicki: Come ho detto prima, sono coinvolta nel progetto “Stranger Talks” qui da Babbel. Credo che sia importante ascoltare le storie delle persone e creare un dialogo: se ci ascoltiamo a vicenda e comprendiamo in che modo le altre persone hanno affrontato e superato determinate sfide, possiamo ampliare le nostre prospettive sulle questioni legate al genere.
Julie: Ho affrontato pregiudizi per tutta la mia vita e, anche se mi piacerebbe aderire a un’iniziativa, per me adesso è troppo estenuante dal punto di vista emotivo. So che è egoista, ma penso che ognuno debba riconoscere i propri limiti. Ammiro chi è coinvolto in iniziative che affrontano le questioni di genere e spero di poter partecipare presto di nuovo a questi movimenti.