Gli italiani all’estero si riconoscono sempre, dice qualcuno. Amano gli abiti di marca, il loro tono di voce è sempre un po’ più alto della media, non esitano a cercare pizza e lasagne anche nella più remota isola in mezzo all’oceano.
A parte gli stereotipi, se volete essere sicuri di passare inosservati quando parlate inglese, o, ancora meglio, vi siete messi in testa di voler essere scambiati per britannici, preparatevi a smussare alcuni angoli e a dire addio ad alcuni errori… tipicamente italiani.
I suoni accentuati delle nostre consonanti ci portano a pronunciare in modo “pesante” e marcato tutte le parole. Il fatto che alcuni suoni nella nostra lingua semplicemente non esistano pare poi ci spinga a “interpretare” la pronuncia dell’inglese in maniera davvero inconfondibile, spesso oggetto di imitazioni e parodie.
Vediamo assieme alcuni degli errori di pronuncia più comuni!
1) Questione di aspirazioni
No, non stiamo parlando di obiettivi e ambizioni.
La protagonista di questo primo punto è la consonante più bistrattata dell’intero alfabeto italiano: la “h”. La chiamano “muta”, “invisibile” e “fantasma”… e malgrado sia tanto importante, viene spesso dimenticata.
In italiano, da un punto di vista fonetico, viene presa in considerazione solo quando si trova vicino alla “c” e alla “g” perché, come tutti ricordiamo dalle scuole elementari, ne cambia il suono da dolce a duro (marce/marche, magi/maghi).
Nella lingua parlata, invece, se la “h” si trova all’inizio di una parola (come succede per le voci singolari del verbo avere), non viene pronunciata.
Ecco perché, molto probabilmente, gli stranieri (e, ahinoi, anche molti compatrioti) fanno così fatica a cogliere la differenza tra “a” preposizione semplice e “ha” terza persona singolare del verbo avere: la pronuncia è uguale perché, in italiano, la “h” all’inizio della parola, semplicemente, “non si sente”.
Cosa succede, quindi, quando parliamo inglese? Che non aspiriamo la “h” di parole come e “house”, “hot”, “honey”, come invece dovrebbe essere.
Il vero problema si pone quando il vostro amico di Londra che vi ha appena invitato al ristorante, si sentirà rispondere che… siete molto arrabbiati!
“Hungry” (affamato) e “Angry” (arrabbiato) per noi italiani suonano praticamente allo stesso modo.
2) Esistono suoni che non esistono
Come anticipato, nello studio di una lingua bisogna fare i conti anche con i fonemi difficili da riprodurre.
Il motivo è semplice: in italiano non esistono.
Come conseguenza, nei libri di grammatica straniera questi suoni vengono sempre spiegati cercando di stabilire un parallelismo con l’italiano, oppure attraverso istruzioni che indicano letteralmente dove posizionare la lingua rispetto al palato e ai denti. Abbastanza complicato, insomma.
Il caratteristico suono inglese th– (che, come dicono le grammatiche, si ottiene appoggiando la lingua all’arcata dentaria superiore e producendo un suono simile a “dh”) è uno dei più difficili da pronunciare perché non assomiglia a nulla di vagamente italiano.
Cercando di comprenderne la fonetica, noi italiani tendiamo ad agire in tre modi differenti: c’è chi lo pronuncia come se fosse una “f”, chi si limita a sostituirlo con una “d” e chi, infine, si cimenta con una specie di “z” sibilante.
3) I’m singing in the rain
L’italiano è una delle poche lingue al mondo a pretendere che non ci sia nulla di inutile.
In altre parole, siamo abituati a pronunciare tutto quello che vediamo scritto nero su bianco. È più forte di noi.
L’italiano che parla inglese, quindi, si riconosce subito perché ha la tendenza a non tralasciare nulla: questo atteggiamento è particolarmente evidente, ad esempio, in tutte le parole che terminano con –ing (i gerundi, per esempio).
La pronuncia corretta non vuole che la “g” finale si senta, ma noi non sentiamo ragioni.
Se c’è, un motivo ci sarà!
4) Un inesistente… dittongo per consonanti
Sulla falsariga dell’esempio precedente, un altro suono che, sulla carta, ci risulta totalmente innaturale… è in realtà molto più semplice di quello che sembra.
L’accostamento inglese delle consonanti “kn” è particolarmente ostico solo perché abbiamo la tendenza a pronunciare tutto quello che vediamo (quindi, in questo caso, entrambe le consonanti) e il fonema in questione fa davvero ingarbugliare la lingua.
Pensiamo a quello che succede quando diciamo parole come “psicologo” o “pterodattilo”: alcuni di noi, data la particolare difficoltà di questo accostamento di consonanti, aggiungono una vocale: vedasi i vari “pissicologo”, “pissichiatra” e così via.
Lo stesso meccanismo avviene con “kn”: spaventati da questa oscura presenza, tendiamo ad ammorbidirla con una vocale (kenow, kenock)… mentre in questo caso la soluzione è più semplice di quello che crediamo: in inglese, la “k” iniziale di queste parole non si pronuncia affatto!
5) Ramarro marrone
A noi, le doppie piacciono tanto. Ancora di più, ci piace far sentire il bel suono della “r” e prendiamo in giro quelli che hanno la “r moscia” i quali, invece, troveranno molte meno difficoltà nella pronuncia di alcune parole inglesi.
La “r” inglese è morbida e disinvolta, quasi buttata lì per caso, e mai e poi mai assume il suono rotante che ha nell’italiano. Inoltre, se si trova alla fine delle parole… suona come una piccola vibrazione quasi impercettibile.
Se volete scoprire l’italiano sotto mentite spoglie, quindi, non vi resta che preparargli la trappola della “r”: non riuscirà a sfuggire!