L’italianità, tra emigrazione e letteratura

Italia: terra di arrivi, ma anche terra di partenza. Tra gli italiani e le italiane che hanno lasciato le loro terre d’origine, alcuni si sono dedicati alla scrittura: uno strumento per raccontare la loro condizione.
italianità tra emigrazione e letteratura

L’Italia oggi rappresenta una terra d’approdo, una terra di speranza per moltissime persone, dai rifugiati ai migranti economici, tutti alla ricerca di migliori condizioni di vita. Ma rimane, e soprattutto fu nei decenni scorsi, anche una terra da cui partire. Nord Europa, Stati Uniti, Sud America, Australia: innumerevoli sono, e sono state, le mete dei nostri connazionali alla ricerca di una vita migliore.

Alcuni di loro, nella valigia, si portarono anche carta e penna: erano scrittori; oppure lo sono diventati i loro figli. E le loro opere vanno a costituire un filone letterario che i critici identificano come “letteratura migrante”. Il focus di questi testi è incentrato sulle spesso drammatiche condizioni di vita, sulle difficoltà di inserirsi in un nuovo contesto sociale, sul bisogno di comunicare, di “ritrovare” una propria identità.

Lo scrittore migrante vive una situazione singolare, quella di una “doppia” condizione, un equilibrio instabile tra l’accettazione e il rifiuto della propria cultura e quella della società in cui è ospitato.

Françoise De Luca rappresenta perfettamente questo tipo di autori. Nasce nel Sud Italia nel 1956 ed è ancora molto giovane quando si trasferisce in Francia, dove si laurea in Giornalismo e Letteratura. Nel 2000 decide di emigrare in Canada, a Montréal, in Québec. Partita inizialmente come giornalista, Françoise De Luca inizia a produrre i propri testi e a pubblicarli a partire dal 2005, è scrittrice di romanzi e racconti, e si occupa anche di letteratura per l’infanzia. La sua produzione non è vastissima ma è molto significativa. La relazione con le lingue è fortemente tematizzata nelle sue opere, soprattutto nella raccolta di racconti Vingt-quatre milles baisers. Sebbene la narrazione venga condotta in terza persona, moltissimi elementi della sua vita personale sono presenti in questo testo che narra la storia di una ragazzina emigrata dall’Italia. La lingua italiana è, nell’opera, quella della famiglia e dell’intimità, mentre il francese, lingua nella quale Françoise scrive, rispecchia la lingua del mondo e dell’esterno.
Una ricerca delle lingua madre perduta, insomma, che è anche una lotta per alleviare la mancanza della sua famiglia e delle sue origini.

Carole David, invece, è un’autrice di seconda generazione. Nasce a Montréal il 25 Luglio 1954. Figlia di madre italiana, Clothilde Fioramore, e di Guy David, Carole è un’autrice di poesie, racconti e romanzi. Consegue un dottorato di ricerca in studi letterari francesi all’Università di Sherbrooke ed è attivissima sul fronte dell’associazionismo. È attualmente presidentessa della Maison de la Poésie di Montréal e dal 2004 al 2006 è stata a capo del Public Lending Right Program al Consiglio Canadese per le Arti. Per le sue opere ha ricevuto numerosi premi, tra cui il premio Émilie-Nelligan e il Prix Alain-Grandbois. Notevoli sono la raccolta di poesie L’année de ma disparition, pubblicata nel 2016 e i romanzi Impala e Hollandia, rispettivamente del 1994 e del 2011. La raccolta di poesie Terra Vecchia, pubblicata nel 2005, evoca continui riferimenti all’Italia (fin dal titolo). Tuttavia, Carole David ha nascosto le sue origini italiane per molto tempo, a causa della sua appartenenza ad una categoria migrante: quasi un complesso di inferiorità.
Durante la sua produzione affronta un percorso di ricostruzione biografica attraverso la scrittura, che la porta a riscoprire le sue radici, spezzate dall’emigrazione. La svolta avviene con Impala. Quest’opera viene tradotta sia in inglese che in italiano e sulla copertina del testo compare finalmente il suo cognome italiano, Carole David Fioramore.

Anche il Sud America ha ospitato e ospita tuttora autori e autrici che rivendicano la propria italianità. Antonio Dal Masetto e Syria Poletti sono due importantissimi scrittori italiani, naturalizzati argentini. La famiglia di Antonio Dal Masetto, originaria di Intra, paesino che si affaccia sul Lago Maggiore, emigra in Argentina nel 1950, quando Antonio ha appena dodici anni. In Argentina impara lo spagnolo, che diventa la sua lingua letteraria. Il tema principale dei suoi romanzi è l’immigrazione, soprattutto in Oscuramente fuerte es la vida e in La tierra incomparable. Egli muore nel 2015 a settantasette anni e nel corso della sua vita è ritornato molte volte nel suo paesino d’origine, al quale era molto legato. Il suo romanzo più importante si intitola, in italiano, È sempre difficile tornare a casa, del 1985. In quest’opera, Dal Masetto affronta la difficoltà dell’emigrante di lasciare tutto alle spalle per affrontare una terra nuova e lontana.

La saggista, scrittrice e poetessa Syria Poletti invece nasce nel 1917 a Pieve di Cadore da Giuseppe e Giacoma Poletti, che qualche anno dopo decidono di emigrare da soli in Argentina. Syria Poletti viene cresciuta dalla nonna, figura centrale nelle sue opere, e si laurea in Pedagogia e all’Università di Venezia. All’età di 21 anni si trasferisce in Argentina, tentando di ricongiungersi con i propri genitori e lì, durante gli anni ’40, inizia a lavorare come redattrice e traduttrice per varie riviste culturali. Diventa successivamente professoressa di Letteratura all’Università e vicepresidentessa della Società Argentina degli Scrittori. La sua opera più importante Gente conmigo è stata tradotta e pubblicata in Italia solamente nel 1998, sette anni dopo la sua morte, e tradotta in Gente con me. Pubblicata precedentemente in spagnolo nel 1961, Gente conmigo ha riscosso un grande successo, tanto da ricevere il Premio Internacional Losada e il Premio Municipal de Buenos Aires.

Come Antonio Dal Masetto, anche Syria Poletti ritorna numerose volte in Italia, a Sacile precisamente, paese d’origine dei genitori. Nelle sue opere rivela sempre il suo amore per la propria città di appartenenza, un amore che le ha permesso di affrontare i drammi dell’emigrazione attraverso la forza, la volontà, la gioia e la speranza di poter ritornare a casa un giorno. La scrittrice è stata anche responsabile di un noto programma radiofonico argentino dedicato agli emigranti italiani. Ad essi veniva data la possibilità di mettersi in contatto con le famiglie rimaste in Italia e così ha conosciuto storie e individui carichi di speranza e di nostalgia, che hanno influenzato la sua produzione letteraria.

Il percorso migratorio degli italiani si dirige principalmente oltreoceano, verso le Americhe, ma numerosi sono gli italiani che si sono trasferiti in altre parti del mondo. Ad esempio Maria Boccazzi, nata a Treviso, l’1 Giugno 1943, si trasferisce in Kenya nel 1972 con l’obbiettivo di fondare un’organizzazione concentrata sulla salvaguardia dell’ambiente, la Gallmann Memorial Foundation. Maria, meglio conosciuta sotto il nome di Kuki Gallmann, ha pubblicato numerosi libri di successo, scritti in lingua inglese, tra cui Sognavo l’Africa, Elefanti in giardino e La notte dei leoni. La sua intera produzione è influenzata da frequenti episodi e ricordi che evocano la propria infanzia passata in Veneto con i parenti affettuosi e gli amici cari. Ne La notte dei Leoni, Kuki Gallmann descrive degli episodi accaduti in Italia precedentemente al suo trasferimento in Kenya, riferendosi al cibo, alla coltivazione della terra e alla natura. È attualmente molto attiva con iniziative umanitarie e scientifiche e ha trasformato la propria tenuta in un rifugio per gli animali.

Questi sono solamente alcuni degli esponenti della letteratura migrante contemporanea. Quasi tutti mettono in luce una condizione comune, scissa e problematica, ma che offre alla loro penna un punto di visione unico e privilegiato: il non riconoscersi del tutto con la terra ospitante ma nemmeno più con la patria abbandonata.

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