Perché una lista di parole veneziane?
Tra tutte le città meravigliose che ci sono in Italia, Venezia è probabilmente quella più strana e affascinante: sarà perché non ci sono le automobili e quindi, turisti e vaporetti a parte, c’è quasi sempre un silenzio irreale; sarà perché d’inverno la nebbia rende calli e campielli ancora più misteriosi e onirici; sarà per il magico Carnevale che ogni anno attira visitatori da tutto il mondo; sarà per le leggende che circolano e che spiegano l’origine di ogni angolo dell’isola… Chissà! Quel che è certo è che Venezia è unica al mondo (malgrado i malriusciti tentativi di imitazione) e merita di essere visitata da tutti almeno una volta nella vita.
Illustrazioni di Elena Lombardi
Oggi non vogliamo portarvi a visitare luoghi turistici arcinoti come Piazza San Marco, Rialto e il Ponte dei Sospiri (sebbene vi consigliamo caldamente di andarli a vedere prima o poi): vi porteremo a scoprire la città attraverso la sua lingua, o meglio, per essere precisi, attraverso il suo dialetto. Lo sapevate che alcune parole dialettali veneziane non solo sono entrate di diritto nella lingua italiana, ma, in alcuni casi, sono presenti anche in lingue come l’inglese e il francese?
La prima della lista è certamente la più famosa ed internazionale: ciao altro non significa che “schiavo” (s’ciavo) e sta a indicare la fedele amicizia di chi sta pronunciando il saluto. Dire “ciao” significa, infatti, comunicare a qualcuno che si è al suo servizio (si è “schiavi” di quella persona). Sorprendentemente questa forma di saluto è entrata a far parte della lingua italiana solo all’inizio del Novecento, eppure si è diffusa rapidamente ed è presente oggi in moltissime lingue, con diverse variazioni.
Altre parole veneziane, forse prevedibili e che utilizziamo tutti i giorni senza accorgercene, sono quelle strettamente legate alla storia della città: laguna (che a sua volta deriva dal latino lacuna, cioè “posto vuoto”), arsenale e darsena (che derivano a loro volta dall’arabo Dār al-ṣināʿa), lido, regata, gondola e cantiere, tanto per citare le più note. Anche senza bisogno di grandi spiegazioni etimologiche, si può facilmente dedurre che derivano tutte dalla tradizione navale veneziana, dalla storia della Serenissima quale Repubblica Marinara e, più in generale, dalla posizione insulare del capoluogo veneto.
Andiamo ora a scoprire assieme alcuni parole veneziane… Inaspettate. Ecco i miei esempi preferiti.
Marionetta
L’origine della marionetta è molto lontana nel tempo e risale addirittura a un evento accaduto a Venezia nell’anno 944. All’epoca, i matrimoni cittadini venivano celebrati tutti nello stesso giorno e un “corteo acqueo” portava le promesse spose al cospetto dei rispettivi mariti, che attendevano alla chiesa di San Pietro in Castello. Nel 944 alcuni pirati triestini rapirono le ragazze (e le loro doti), ma vennero quasi immediatamente catturati dai valorosi veneziani, che riuscirono a riportare a casa le fanciulle senza che venisse loro fatto alcun male.
Per ringraziare la Vergine della Serenissima per il fortunato esito del rapimento, si decise di imporre ad alcune influenti famiglie nobili della città di provvedere alla dote di 12 ragazze povere che, da quel momento, diventarono “le Marie” e che, ogni anno, sfilavano per la città in ricordo della vittoriosa spedizione veneziana contro i triestini. Ben presto, tuttavia, la scelta delle Marie diventò ardua (tutte le ragazze veneziane volevano godere di un simile privilegio!) e la voglia di mettersi in mostra da parte dei patrizi si tramutò in una gara al rialzo che diventò presto economicamente insostenibile. Che fare, dunque, per mantenere la tradizione senza scontentare nessuno? Nel 1272 la Serenissima decise di sostituire le dodici ragazze con figure di legno piuttosto grandi che vennero presto ribattezzate “Marione” per la loro dimensione. I commercianti cittadini, poi, decisero di riprodurre in forma ridotta le “Marione” per metterle in vendita come… “Marionette”.
Ballottaggio
La parola “ballottaggio” deriva dalla procedura complicatissima che veniva messa in atto per eleggere il Doge e per assicurarsi che la votazione fosse completamente imparziale e trasparente. Il fulcro di tutta l’operazione era costituito da alcune palline d’oro e d’argento (le “ballotte”) che venivano inserite in un’urna ed estratte dai senatori in diversi momenti. Tale procedura serviva a garantire, ad esempio, che non ci fossero due membri della stessa famiglia nel corso della medesima votazione.
Il termine viene utilizzato anche negli Stati Uniti (“ballot”) e in Francia (“ballottage”) per un motivo molto semplice: quando, nel 1700, queste giovani democrazie si trovarono a dover scegliere un sistema elettorale, scelsero come esempio l’unica democrazia (quella veneziana) presente al tempo.
Imbroglio
Fatta la legge, trovato l’inganno! Per poter truccare il sistema (presumibilmente) sicuro delle ballotte d’oro e d’argento, i membri del Consiglio si incontravano per tramare intrighi e promesse elettorali nel “Brolio”, un giardino alberato che si trovava nei pressi del Palazzo Ducale dove, appunto, avveniva la votazione. L'”imbroglio” è dunque un’italianizzazione del nome di questo luogo.
Pantaloni
Il tipico travestimento carnevalesco veneziano, spesso associato ai servitori Arlecchino e Colombina, è proprio quello dell’avaro commerciante Pantalone. Il termine “pantaloni” riferito ai calzoni lunghi che indossiamo tutti i giorni, dunque, deriva proprio dagli abiti di questo personaggio tipico. Pare che, infatti, quelle braghe fossero così diffuse tra i popolani veneziani che anche in Francia i cittadini della Serenissima venissero chiamati con il nomignolo di “pantaloni”.
Gazzetta
Quando, ogni giorno, vi recate in edicola per comprare il quotidiano, sappiate che, in un certo qual modo, state perpetuando un’antica tradizione veneziana che risale al 1500. Per aggiornare la popolazione sull’andamento della crisi con l’impero turco, infatti, la Repubblica Serenissima pubblicava dei giornali di poche pagine (un massimo di otto) che poi erano venduti al pubblico al prezzo di due soldi. E indovinate? Il nome della moneta da due soldi di Venezia era “gaxeta”, italianizzato nel corso degli anni in “gazzetta” e diventato presto sinonimo di una pubblicazione periodica con notizie utili agli abitanti di un determinato territorio.
Se volete saperne di più sulla storia delle parole e delle leggende veneziane, vi consiglio il libro “Misteri di Venezia” di Alberto Toso Fei, nel quale ho individuato alcuni degli aneddoti raccolti in questo articolo.