Photo Credit: Camille Blake
Quando Ossi Viola e Lo Selbo si conoscono a Roma nel 2011, capiscono subito che la lingua della loro musica sarà l’italiano. Danno vita a Itaca, un viaggio doloroso e rischioso – come lo chiamano loro – verso un obiettivo importante, in un’atmosfera synth-pop che ricorda l’inizio degli anni ’80. Sono entrambi berlinesi, imparano e assorbono l’italiano cantando ed esibendosi sul palco, e modellano una lingua ricca di sfavillanti immagini e strane fantastiche costruzioni, le stesse che poi ripropongono parlando – e che, in alcuni casi, abbiamo deciso di lasciare immutate.
Il bar in cui ci incontriamo in una sera d’estate a Kreuzberg, si chiama Sanremo. E non è un caso.
D: Dove si trova la vostra Itaca?
Ossi Viola: Itaca è la patria agognata di Ulisse, raggiunta dopo anni di pericolose peregrinazioni. Quando ci siamo conosciuti, Lo Selbo stava leggendo proprio Omero e ci è piaciuta l’idea di immaginare la nostra musica come un lungo viaggio. Nella nostra fantasia, Itaca è l’Italia, anzi – per essere precisi – è Sanremo dove un giorno speriamo di poter arrivare. Da tedeschi, cantare sul palco del Festival di Sanremo è un po’ il nostro sogno.
stiamo insieme al mar
piedi di sabbia di ITACA
partiamo per un viaggio oscuro, selvatico
D: I vostri nomi suonano come italiani ma apparentemente non significano nulla…
Lo Selbo: Il mio è una sorta di tributo al primo amico italiano che ho avuto. Ora non lo vedo spesso perché vive lontano, ma il suo cognome iniziava per “Lo”. “Selbo”, invece, è un gioco tra l’italiano e il tedesco: si tratta dell’italianizzazione di “selbst” che significa “stesso”. Il mio nome completo, quindi, è un po’ oscuro. Vuol dire “lo stesso”.
Ossi Viola: In tedesco, Ossi è qualcuno che viene dall’Est. Io sono nata a Kreuzberg, quindi all’Ovest, ma Selbo – che è dell’Est – mi prende in giro e mi chiama così. Siamo come Romeo e Giulietta! “Viola”, oltre ad essere un nome molto comune a Berlino Est, contiene tantissime immagini che adoro: lo strumento musicale, la viola cornuta, e la violenza.
D: Raccontatemi la vostra Roma.
OV: Nel 2011 mi sono trasferita a Roma per studiare al DAMS. Volevo tanto imparare l’italiano ma non ero capace di arrotare bene le R [n.d.a: a questo punto, Ossi inizia a declamare “33 tigri contro 33 tigri” con una perfetta R arrotata]. Vivevo sulla via Tiburtina – che poi ho cantato in “Mi manchi” – non andavo molto d’accordo con la mia coinquilina, ero più grande degli altri studenti Erasmus e non avevo molti amici. Di conseguenza, trascorrevo molto tempo da sola. Ascoltavo tantissima musica italiana – come ad esempio Mina, Milva, Lucio Battisti, Franco Battiato e Lucio Dalla – e guardavo i film con Alberto Sordi e Vittorio Gassman in lingua originale con i sottotitoli. Mi ero innamorata della forza di Anna Magnani e, ogni volta che mi sentivo triste o debole, facevo finta di essere lei.
È stato un tempo strano e malinconico: esploravo la via Tiburtina, trovavo i miei punti di riferimento, facevo amicizia con i vendifiori, ascoltavo la musica e sognavo di poter fondare un gruppo mio in italiano. Era tutto difficile. Ma poi ho incontrato Lo Selbo e sono nati gli Itaca.
e non sei lontana da qui
sulla tiburtina
direzione città
quanto mi manca.
D: È più difficile cantare o parlare in italiano?
LS: Sicuramente parlare. Quando canto, sono io a scegliere con calma le parole e il ritmo.
OV: … e poi l’italiano è come una musica! Una volta, a Orvieto, ho chiesto le indicazioni per trovare un posto ma non mi capivano. Allora ho deciso di “cantare” le parole e di creare la cadenza che sentivo negli altri italiani. A quel punto mi hanno capito! Mi sono resa conto che per imparare bene l’italiano, dovevo parlare con una melodia, con le braccia aperte, con tanta forza e tanta aria nelle mie parole. Per noi tedeschi è più difficile perché siamo timidi. Per parlare l’italiano bisogna avere più coraggio, fare i gesti e avere in mente una musica immaginaria. Cantare mi ha aiutato tanto.
LS: Scrivere i testi in italiano è completamente diverso: la cadenza è diversa da quella del tedesco e dovranno essere diversi anche il ritmo e la melodia. Abbiamo ricostruito la musica pensando alla melodia delle parole. È stato molto interessante.
D: Chi scrive i testi?
LS: Di solito, scriviamo una prima versione in tedesco, pensando però alle parole in italiano che vogliamo poi avere nella versione finale. Poi traduciamo assieme facendoci aiutare da Teresa, una traduttrice che vive a Berlino. Lei è molto brava perché capisce quando lasciare in pace le nostre immagini. Noi lo sappiamo che certe cose in italiano non si dicono, ma vogliamo mantenere intatta la forza evocativa di quello che vogliamo esprimere. Ad esempio, in italiano può sembrare strano dire “mi manchi dappertutto” (“Ich vermisse dich überall”, perfettamente sensato in tedesco). Però, allo stesso tempo, questa frase racchiude una fisicità che rende benissimo la sensazione dolorosa dell’assenza di una persona.
OV: Teresa non era d’accordo sulla “figura silenziosa” che appare in “So cantare”, ma abbiamo deciso di tenerla perché è un’immagine complicata e a noi non piacciono le cose semplici.
D: Torniamo a Sanremo. Perché Sanremo è la vostra Itaca?
LS: Sanremo è per noi un simbolo positivo dell’Italia, ma anche qualcosa che ci sembra romantico e decadente. È il posto dove nasce e muore la musica. È un’immagine glamorosa e pop del mondo dello spettacolo che non ha niente a che vedere con i posti in cui suoniamo noi. Ecco perché il nostro sogno è quello di partecipare!
OV: Non possiamo però! Siamo tedeschi!
il mio cuore batte più forte quando tu
mi guardi con occhi, pieni di futuro
e vedo sogni avverati
D: È stato difficile imparare l’italiano?
OV: Io conoscevo già il francese e a scuola ero molto brava in latino. E poi sono una nerd, mi piace leggere i libri di grammatica prima di dormire!
LS: Lei usa la lingua senza paura!
OV: È vero, sono giocosa, mi piace sperimentare!
LS: È difficile imparare l’italiano se non sei in Italia e io so che il mio italiano è ambiguoso. Scrivere i testi è comunque una grande motivazione per imparare: quando scrivo nuove canzoni, per un po’ parlo allo stesso modo e il mio vocabolario diventa più concreto.
D: Come viene accolta la vostra musica in Germania?
OV: I tedeschi sono scettici.
LS: È vero, non capiscono bene che cosa stiamo facendo. Pensano che facciamo cabaret e che vogliamo prendere in giro gli italiani.
OV: In Italia, invece, ogni concerto è una festa! Facciamo più date e inizieremo un tour in ottobre con una banda per la prima volta.
D: Quali sono le vostre influenze musicali?
Insieme: Pet Shop Boys, Depeche Mode, The Knife, Freddie Mercury, Les Rita Mitsouko, i Kraftwerk. Tutti i cantanti italiani che abbiamo citato prima, aggiungendoci i Matia Bazar e i Krisma. Quattro mesi dopo la morte Maurizio Arcieri, abbiamo fatto una cover durante uno spettacolo. Christina Moser è venuta sul palco e ha cantato con noi. È stata un’emozione fantastica! Alla fine ci ha anche fatto un regalo che teniamo nello studio e guardiamo sempre.
D: Qual è la vostra parola italiana preferita?
LS: non te lo dico perché forse sarà il titolo del nostro prossimo album!
[n.d.a: alla fine me l’hanno rivelata.]