Illustrazione di Elena Lombardi
La posizione strategica al centro del Mediterraneo e il clima mite hanno indotto tantissimi popoli, confinanti e non, a invadere la nostra penisola. A partire dall’epoca romana con le popolazioni del nord Europa, come Goti, Visigoti e Franchi, passando attraverso il Medioevo con le dominazioni francese e spagnola, fino al tentativo espansionistico dell’Impero Austroungarico nel nord del paese, riguardante la Lombardia e il Veneto: queste invasioni hanno lasciato segni visibili nel Paese, ma anche tracce nascoste. È il caso dei nuovi termini che hanno di fatto sostituito quelli derivanti dal latino. Questo è successo per secoli solo nella lingua parlata, mentre nella lingua scritta si continuava a prediligere lo stile classico.
Perché cambiare?
Talvolta i nuovi termini si sostituiscono ai vecchi per facilità di pronuncia, come nel caso di caballus al posto del latino eqùus, di cui peraltro rimane l’aggettivo equino. Altre volte è semplicemente la moda a imporne l’uso, come nel caso attuale di joint venture invece dell’italiano compartecipazione, o location anziché sito.
Francesi, spagnoli e tedeschi
I francesi, con Napoleone Bonaparte, e gli spagnoli, dal 1559 al 1640, hanno lasciato nella lingua parlata tracce indelebili e, tralasciando l’internazionale omelette, nell’uso comune sono rimasti manicure e pedicure, nonché l’immancabile dessert a fine pranzo, ma non solo. Accanto alle derivazioni più evidenti, derivano dallo spagnolo le parole regalo, posata, pastiglia, buscare, gustoso, manipolazione, disdetta, e persino appartamento e baracca, mentre dai cugini d’oltralpe la dama ed il cavaliere, magari in groppa a un ronzino e pronto alla giostra o alla caccia di conigli e daini. Il fiasco, la guerra, la stamberga, ma anche lo sguattero, la schiena e la guancia sono termini derivati direttamente dal tedesco, per essere più precisi dalla dominazione longobarda, che ci ha lasciato anche elmo, guardia e albergo. In alcuni casi, il senso del sostantivo viene addirittura mutato, come nel caso di stamberga, il cui significato, dall’originale casa di pietra , è divenuto poi in italiano un termine adatto a indicare una costruzione fatiscente.
Invasioni culturali: cucina e moda
Nel linguaggio culinario e gastronomico possiamo ancora oggi notare (oltre che nella lingua anche nei dialetti) un’abbondanza di termini francofoni, dovuta alle nuove pietanze introdotte nella corte francese del ‘600 e del ‘700: nascono così l’italianizzato supplì, gattò, paté, menù, i profiteroles, gli champignons e il buffet. Nell’Europa del ‘700 i due grandi poli della moda femminile sono Parigi e Napoli e si formano intensi legami culturali tra l’illuminismo francese e quello napoletano, giungendo a un proficuo flusso turistico tra le due città. E mentre Jean Jacques Rousseau invita i suoi compatrioti ad andare nella città partenopea per ascoltare al nascente teatro San Carlo le opere di Pergolesi e Durante, le donne napoletane arricchiscono i loro corsetti di volant, indossano cappelli in crêpe, e li ornano con preziosi bijoux. Francesismi, nella moda e nella cucina, germanismi, nel linguaggio militare, ispanismi, nella vita di tutti i giorni: tre influssi linguistici che contribuiscono ancora oggi ad arricchire la lingua e a rendere questa nostra Italia un pochino più europea.