Illustrazione di Sveta Sobolev
“Serra i coltellacci! Ala abbasso belvedere, velaccio e velaccino! (…) Pronti ai bracci! Barra tutta a sottovento! Braccia di punta! Ralinga, ralinga! Così, bene! Lance, lance!”.
Con queste parole, in Moby Dick di Herman Melville, il capitano Achab guida l’equipaggio del Pequod all’inseguimento della balena bianca appena avvistata. Ordina così di armare e tendere le vele (serrare e ralingare), dirigere il timone seguendo il vento (barra tutta a sottovento) e calare le lance, cioè le scialuppe d’inseguimento tipiche delle baleniere e su cui marinai, ufficiali e ramponieri salivano per gli assalti finali.
Certo, non un linguaggio di così immediata comprensione. Non per chi non abbia mai messo piede su una baleniera, ma anche per chi non sia abituato a navigare o non abbia quantomeno un minimo di dimestichezza con le attività a bordo di un’imbarcazione a vela.
Di seguito, dunque, un piccolo vademecum linguistico e nozionistico del marinaio, un prontuario minimo delle terminologie nautiche e, nondimeno, utile per non farvi considerare semplice zavorra dai più esperti a bordo.
Armare le vele
Nel gergo nautico, armare le vele significa predisporle per una qualsiasi manovra. Potrebbe capitarvi di sentire espressioni di questo tipo: Cazza la scotta di genoa e procedi di bolina!, dove cazzare significa tirare una cima (la scotta) per tendere al massimo la vela (la genoa, in questo caso) e procedere a zig-zag controvento (di bolina).
Il contrario di cazzare è lascare, che significa allentare la tensione della vela per farla gonfiare. Un suo sinonimo è sventare. Si lasca quando il vento è favorevole alla direzione per cui si vuole procedere (vento in poppa). Potreste dunque ricevere un comando simile: Lasca la scotta di genoa, per poi procedere alla via, cioè mantenendo la rotta.
O ancora, Mura la maestra! E non si tratta di eversione studentesca, semplicemente vi si chiede di fissare allo scafo il punto di mura (spesso l’angolo retto della vela triangolare) della vela principale. Il contrordine sarà smurare, che è sinonimo di ammainare.
Un’operazione simile è espressa dal termine terzarolare, che indica la riduzione della superficie velica, quando esposta a forte vento, per evitare di sbandare e di rovinare l’attrezzatura.
Le manovre
Va subito specificato che lo scafo è composto dalla parte anteriore (prua), quella posteriore (poppa), e il lato sinistro e destro (detti mura, o anche rispettivamente babordo e tribordo). La parte di scafo a contatto con l’acqua si chiama opera viva, quella fuori dall’acqua opera morta.
Per un glossario minimo delle manovre:
Strambare = Movimento involontario della barca che ruota con la poppa e cambia la mura esposta al vento (un giro di 180 gradi).
Abbattere = Eseguire volontariamente il movimento della strambata.
Orzare = Dirigere la prua in direzione del vento.
Bordeggiare = Navigare a zig-zag per risalire il vento. È simile all’andatura di bolina.
Cavalcando i moti ondosi vi capiterà di beccheggiare, di oscillare lungo l’asse trasversale della barca (prua-poppa); o di rollare, ovvero oscillare lungo l’asse longitudinale (babordo-tribordo).
SOS
Chiamare pan-pan significa inviare una richiesta di aiuto senza pericolo di vita o di affondamento. La comunicazione via radio deve iniziare proprio così: “Pan-Pan! Pan-Pan! Pan-Pan!”.
Si chiama invece il mayday solo ed esclusivamente quando l’imbarcazione è destinata ad affondare o vi sia un reale pericolo di vita.
Nel frattempo, se malauguratamente nel vostro scafo si sarà aperta una falla, la dovrete accecare, ovvero chiudere con mezzi di fortuna.
Vecchie superstizioni
Sappiate che a bordo non sono assolutamente ammessi ombrelli, e nemmeno vestiti di colore verde. È assolutamente vietato dire “coniglio”: porta male, in passato rosicchiavano le cime e il legno degli scafi.
Cercate anche di non partire di venerdì, di non portare banane a bordo se siete in compagnia inglese e di non tagliarvi unghie o capelli quando il tempo è buono.