Furono i Romani, per primi, a introdurre lo status civitatis: condizione che distingueva il cittadino romano da tutti quelli che non lo erano.
Poi – molti secoli dopo, tra il XII e il XIII secolo – si registrò la nascita dei moderni Stati Nazionali (o, perlomeno, dei loro embrioni): prima fu la volta della Francia, poi dell’Inghilterra.
Oggi viviamo in un mondo iper-connesso, globalizzato, in cui possiamo volare da un capo all’altro del pianeta a costi contenuti, studiare all’estero con estrema facilità, essere parte di un team lavorativo sparso in diversi continenti.
I concetti di stato, di nazionalità, di confine sono ormai sempre più liquidi, e, via via, stanno perdendo parte del loro antico significato. Forse. O forse questa tendenza all’apertura subirà (e sta già subendo) delle battute di arresto. Difficile dirlo: la storia è imprevedibile, procede in maniera talvolta lineare, talvolta per corsi e ricorsi, altre volte con improvvise accelerate o ingranando decisamente la retromarcia. E noi, qui, stiamo rischiando di andare fuori tema: per cui, torniamo alla cittadinanza e alla cittadinanza italiana in particolare. Se nel 1998 le persone che l’hanno ottenuta erano circa 12mila, oggi siamo oltre le 120mila.
Il diritto di cittadinanza italiana
Il diritto di cittadinanza è regolato dalla legge n. 91, del 5 febbraio 1992 che prova a normare una realtà sempre più fluida e complessa, per via di molti fattori: la facilità di spostamenti (soprattutto all’interno dell’Unione Europea), l’impennata dei flussi migratori (in entrata e in uscita), l’aumento di matrimoni tra cittadini italiani e cittadini di altre nazionalità. E questo per citare solo qualche esempio.
Dunque, come si ottiene la cittadinanza italiana?
La risposta rapida è questa: si ottiene iure sanguinis (altro concetto giuridico di origine latina che si può tradurre con “diritto di sangue”): dunque se si nasce o si è adottati da cittadini italiani. Le cose, però, non sono così semplici.
L’acquisizione automatica e l’acquisizione su domanda
Come abbiamo visto sopra, l’ottenimento della cittadinanza è automatico quando si nasce da almeno un genitore italiano, in caso di adozione o quando i genitori sono ignoti o apolidi e il figlio è nato tra i confini dello stato.
Per tutti gli altri casi, la cittadinanza si ottiene – facendo domanda – in due modalità:
1) Per matrimonio: dopo 2 anni di residenza in Italia; che si riducono a 12 mesi in presenza di figli.
2) Per residenza: e qui le cose si fanno più complesse. In questi casi la cittadinanza è concessa dal Ministero dell’Interno a chi ha almeno uno di questi requisiti:
- È nato in Italia ed è residente legalmente da almeno tre anni.
- È figlio o nipote in linea diretta di cittadini italiani per nascita, residente legalmente in Italia da almeno tre anni (e qui, i casi si moltiplicano potenzialmente all’infinito… Basti pensare ai figli di persone emigrate durante tutto il Novecento dall’Italia agli Stati Uniti, o in America Latina).
- È maggiorenne, adottato da cittadino italiano, residente legalmente in Italia da almeno cinque anni, successivi all’adozione.
- Ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato italiano.
- È cittadino di uno stato dell’Unione Europea e residente legalmente in Italia da almeno quattro anni.
- È un apolide o rifugiato residente legalmente in Italia da almeno cinque anni.
- È residente legalmente in Italia da almeno dieci anni.
Ma non è finita qui: il richiedente deve dimostrare di non avere precedenti penali e di avere un reddito sufficiente al proprio sostentamento (la soglia è quella di 8.263,31€ di reddito personale negli ultimi tre anni e aumenta per il richiedente con coniugi e figli).
C’è anche un test di lingua
Dal 2010, chi vuole ottenere la cittadinanza italiana deve sostenere e superare un test di conoscenza della lingua. All’inizio si trattava di raggiungere il livello A1. Da dicembre del 2018, invece, le cose si sono fatte più difficili, e il richiedente deve dimostrare di possedere un livello linguistico B1.
Noi di Babbel, quindi, abbiamo preso una telecamera, un microfono e siamo partiti per Milano. Ci siamo divertiti a porre delle domande di sintassi, morfologia, grammatica e comprensione a gente pescata a caso: italiani, italiani di seconda generazione e persone di altre nazionalità.
Siamo sicuri di conoscere davvero le regole della lingua italiana?