Manuale completo di espressioni e modi di dire toscani

Una bella lista di espressioni toscane da imparare subito per arricchire la vostra conoscenza sui dialetti italiani!
Persone che mangiano su una terrazza di un casale in Toscana

Il dialetto toscano è quello che più di ogni altro ha dato fondamenta alla lingua italiana. Siamo riconoscenti a Dante, Petrarca e Boccaccio, come a Machiavelli, Guicciardini e ai molti altri letterati che, nel tempo, contribuirono con le loro opere a conferire ai dialetti toscani la dignità di lingua letteraria d’Italia.

Secoli dopo, persino il milanesissimo Alessandro Manzoni, interveniva nella lunga querelle che vedeva contrapposte due posizioni: una che rintracciava la nascita della lingua italiana sulla base di un unico dialetto (toscano, siciliano e bolognese nel tredicesimo avevano già un’importante tradizione letteraria); l’altra che auspicava invece l’elaborazione intellettuale e formale di una nuova lingua, capace di cogliere il meglio delle varie parlate italiane.

Per Manzoni, l’italiano doveva adeguarsi a un unico dialetto, quello toscano (in particolare al fiorentino) tanto da decidere di “sciacquar i panni in Arno” per la stesura definitiva dei suoi Promessi Sposi.

In questo articolo andremo a scoprire quali sono le caratteristiche del dialetto toscano e quali sono i più importanti modi di dire toscani!

espressioni toscane e modi di dire toscani

Illustrazione di Eleonora Antonioni

Alcune fondamentali regole sul dialetto toscano

Tanto per cominciare, non esiste un dialetto toscano “omogeneo”. Essenzialmente, i dialetti toscani (meglio sarebbe chiamarli vernacoli) si presentano in molte varietà e, soprattutto, si parlano. È infatti proprio la parlata a caratterizzarli. Una cifra che tutti questi vernacoli hanno in comune, in modo più o meno pronunciato, è senza dubbio una certa tendenza all’indebolimento consonantico.

Si pensi innanzitutto a quel fenomeno fonetico chiamato gorgia o spirantizzazione, ovvero il frequente processo di indebolimento delle occlusive: avete presente l’affievolirsi della consonante c (/k/) o addirittura, in certe zone, la sua scomparsa (es. ami’o per amico)?

Graficamente questo fenomeno viene indicato con un apostrofo, e si pronuncia una [h] aspirata. Chiaramente ci sono delle eccezioni, ma provate voi a “sciogliere la lingua” così: ho bevuto la Coca Cola con la cannuccia corta corta.

Tra le altre specificità segnaliamo subito la negazione non, che viene spesso modificata in ‘un. Uno dei modi di dire toscani più conosciuti, in uso anche in italiano, è se ‘un si va all’Arno, ‘un si vede l’Arno! Se non si va, non si vede. Significa che è necessario “toccare con mano” le cose, verificare in prima persona le situazioni per poterle comprendere e valutare “a modo”.

È inoltre molto diffuso nelle espressioni toscane l’uso di punto a significare per nulla, affatto, nessuno: ‘un mi piace punto (non mi piace per niente).

In molti modi di dire toscani, in contesti informali e colloquiali si usano spesso anche te al posto di tu e il raddoppiamento dei pronomi personali dativi: Te ci vai? A me mi garberebbe un monte (o dimorto)! Invece di Tu ci vai? A me piacerebbe molto!

Infine, il pronome personale noi viene per lo più sostituito o rinforzato da un si impersonale: si va a mangiarenoi si va là. Potreste poi sentire un tipico “botta e risposta” cantilenato: S’ha a dì d’andà? – Tu m’ha a dì ndo! (lett. Diciamo – Decidiamo di andare? –  Mi devi dire tu dove!). Che s’ha a’ ire? o anche: si batte il sandalo?

Sono tutti modi di dire toscani che servono a sollecitare un movimento da o verso un luogo (ad esempio il rientro a casa dopo una cena fuori). Il primo deriva direttamente dal latino (ire: andare); il secondo è usato soprattutto d’estate al mare, quando per rientrare dalla spiaggia, si sbattono sandali e calzature per rimuovere la sabbia. In un senso più esteso è il momento di andare (verosimilmente, a desinare).

Modi di dire toscani e parole che sentirete usare spesso

Bischero

Un po’ ovunque, ma in particolare a Firenze, una delle parole toscane più diffuse e note è l’appellativo bischero, con cui si apostrofa una persona ingenua, non molto sveglia. Il tono e il contesto, in questo caso, dicono molto più della parola: si usa sia come saluto scherzoso tra amici, sia come insulto pungente. Le interpretazioni dell’origine della parola sono diverse e molteplici.

Tra tutte, la più affascinante è senza dubbio quella che fa risalire questa parola a una targa posta a Santa Maria del Fiore – la celebre Cattedrale di Fiorenza – che recita “Lotto dei Bischeri” e si riferisce a una tanto influente quanto avida famiglia di mercanti fiorentini. Si narra che, alla fine del tredicesimo secolo, questa famiglia si rifiutò di vendere al comune alcuni dei loro terreni per la costruzione della nuova basilica voluta dalle autorità cittadine, che anni dopo fu comunque edificata sulle antiche fondamenta di Santa Reparata.

Al “gran rifuto” (maldestramente strategico, mosso dalla speranza di trattare sul prezzo, per far salire la quotazione) seguì così l’esproprio forzoso delle terre. I Bischeri si credevano volpi, ma non furono certo molto lungimiranti… Insomma, fecero proprio una bischerata!

Questa parola si ritrova così in molti modi di dire toscani: i “quindici minuti di celebrità” che Andy Warhol sembra aver profetizzato, diventano il quarto d’ora del bischero. Si usa anche dire fare/andare a bischero sciorto quando si decide di comportarsi in maniera sciocca e andarne fieri. Attenzione, perché tra bischeri s’annusano: non son mai soli, si riconoscono e s’intendono.

Tre volte bòno vol di’ bischero è la versione toscana del milanese bun e cujun: se si è troppo buoni, si rischia di passare per sciocchi. A Siena, si dice che a fa’ di bene a ciuchi si rimedia pedate, per suggerire che comportarsi bene con persone stupide è controproducente. Spesso, la ragione gl’è de’bischeri, in italiano la ragione si dà ai matti.

Esiste poi un riferimento a una specie di arbusto che cresce in zone paludose, il bischero di palude, e uno all’anatomia dell’apparato sessuale maschile. Infine ricordate che tutte le mattine s’alzano un furbo e un bischero – se s’incontrano, l’affare è fatto! Uno che bischero invece non è, risponderebbe pronto: a me ‘un mi incicci! (lett: non me la fai, non mi convinci).

Ganzo

Dal bischero, passiamo al ganzo, appellativo che si riferisce a qualcuno (o a qualcosa) capace di stupire o attirare consenso e favore. Questo aggettivo ha un diverso risvolto e può indicare l’amante come l’innamorato.

Il Breghi

Il Breghi invece è il solito ignoto, un generico Tal dei tali cui si addossa ironicamente la responsabilità di un’azione, quando non se ne conosce il vero attore (di solito, il colpevole): chevvòi ne sappia io, sarà stato il Breghi! Cosa vuoi ne sappia io, sarà stato Tizio, Caio o Sempronio!

I’tòni

I‘tòni, in dialetto toscano, è la tuta da ginnastica. Le ipotesi etimologiche sono diverse. Sembra che l’origine della parola rimandi a Toni, diminutivo di Antonio: un tipo sempliciotto e credulone, sciatto nel vestire, o un pagliaccio.

Altri sostengono che T.O.N.I. fosse l’acronimo di Tuta Olimpica Nazionale Italiana, una scritta sulla divisa sportiva (confezionata nella Città del Giglio, un caso?) per i Giochi Olimpici di Berlino nel 1936. La versione più accreditata e diffusa è quella che riconduce invece alla sigla TO N.Y. cucita sulle tute dei soldati americani di stanza a Firenze alla fine della Seconda Guerra, a indicare il ritorno a casa: To New York.

A quanto pare, quelle tute non ritornarono mai negli Stati Uniti, ma vennero rivendute al mercato di San Lorenzo come abiti usati. La conseguente italianizzazione (da tony a toni) e l’identificazione con la comoda uniforme militare divennero così del tutto naturali.

Altri proverbi e modi di dire toscani essenziali

È naturalmente impossibile fare una lista esaustiva di tutti i proverbi toscani, ma con questa lista potrete farvi un’idea e imparare quelli più importanti. La cosa particolare di questa lista è che alcuni di queste espressioni e proverbi toscani sono a volte tipici solo di alcune zone specifiche della Toscana. Insomma, quello che per un pisano è perfettamente chiaro, potrebbe non esserlo per un livornese. Facile, no?

Il grano del diavolo va tutto in crusca

Significa che tutto ciò che si ottiene in modo disonesto è destinato a ritorcersi contro chi ha agito in malafede.

Si dà il gesso ai gangheri

In Toscana si usa questa espressione quando si fa una cosa inutile, a differenza di “uscire dai gangheri” che descrive un impeto d’ira o la perdita della pazienza.

Caricarsi di legna verde

È un modo per descrivere il farsi carico di fastidi inutili o brighe (avete mai sentito chiamare qualcuno attaccabrighe? Ecco…).

Fare le cose alla sanfasò

Significa fare le cose in modo superficiale, alla carlona, così tanto per fare (curiosamente, questa espressione si dice tale e quale anche a Napoli e dintorni). A Pisa, le cose fatte male sono abborciate.

Chi di gallina nasce, convien che razzoli

È un modo per indicare quanto l’ambiente familiare e l’educazione ricevuta siano determinanti nei comportamenti di un individuo.

Aver le cheche

Pronunciato ‘he’he, significa avere strane idee in testa o bizzarre fantasie erotiche e comportarsi di conseguenza, in modo che queste risultino evidenti. In alcuni casi, può altresì indicare un momento di confusione mentale che porta a far discorsi nonsense.

Far come i ladri di Pisa

Questa espressione si riferisce a persone che fingono di litigare durante il giorno all’ombra del Campanile (sì, proprio la Torre pendente) e la notte vanno a rubare insieme. Si dice di persone che non vanno d’accordo, eppure continuano a frequentarsi.

Star coi frati e zappar l’orto

Descrive l’atteggiamento di chi non sa prendere una posizione, dando ragione a tutti.

‘Un si frigge mi’a coll’aqua!

È un’espressione della Valdarno che significa che non si bada a spese, che ci si tratta bene (non si frigge mica con l’acqua, cioé).

Grullo o brodo

A Pisa, una persona sciocca, da buggerare (cioè da prendere in giro), è un grullo o un brodo.

Boia!

È un’interiezione tipica di tutta la Toscana; la variante boia dé! è invece la più comune a Livorno, ma non se ne rintraccia un significato specifico e potrebbe corrispondere a un semplice accidenti!

Detti toscani sul cibo

Non è certo una sorpresa, ma tantissimi modi di dire e detti toscani hanno a che fare col cibo. È una caratteristica dei modi di dire italiani in generale, e quindi quelli del dialetto toscano non potevano certo fare eccezione.

“Chi beve birra campa cent’anni, chi beve vino ‘un more mai.”

Questo detto sottolinea l’idea che bere vino sia più salutare rispetto alla birra, suggerendo che il vino possa addirittura prolungare la vita.

“Il vino la mattina è piombo, a mezzodì argento, la sera l’è oro.”

Questo detto suggerisce l’idea che il vino abbia un valore crescente durante il giorno: è pesante al mattino, utile a pranzo e prezioso alla sera. Occhio a quando bevete, insomma!

“Mettiti di buzzo bòno.”

Invita a impegnarsi seriamente nel mangiare, a godere del pasto con dedizione e attenzione.

“Icché c’è c’è!”

Significa che bisogna adattarsi a ciò che si ha a disposizione (quello che c’è, c’è!).

“Dopo un buon pranzo si perdonano i peggiori nemici.”

Sottolinea come un buon pasto possa migliorare i rapporti e favorire il perdono, evidenziando il potere unificante del cibo.

“A mezzo un’è bona nemmen’ la messa.”

Questo detto toscano esprime che anche le cose più sacre possono essere compromesse se non si è completamente presenti e questo è ovviamente applicabile anche ai pasti.

“Se tu sei lungo quanto tu se’ bischero, puoi bere dalle grondaie.”

Un modo di dire toscano che sta a significare che chi è sciocco può anche bere in modo poco dignitoso.

“Il vino nel sasso e il popone nel terren grasso.”

Questo detto parla della qualità del vino e della frutta: il vino cresce bene in terreni sassosi, mentre i meloni (che in Toscana vengono chiamati “poponi”) prosperano in terreni fertili.

Le 50 parole toscane più importanti da conoscere

ToscanoItaliano
AcchiappinoMolletta per il bucato
BadaGuarda
BischeroPersona sciocca
BurianaTempesta
BuzzaPancia
CencioPanno, straccio
ChetareCalmare, calmarsi
CicchinoSigaretta
CicciaCarne
CincinninoUna piccolissima parte di
CiruscoMiope
DiaccioGhiaccio, gelido
DianziDa poco, poco fa
FogatoAppassionato
FuriaFretta
GarbarePiacere
GhiozzoPersona rude
GirataPasseggiata, escursione, uscita
GropponeSchiena
GrulloPersona poco sveglia
GuazzaFango
ImmezzoMacchina
IppiùippiùProbabilmente
LabbrataSchiaffo
LapisMatita
MarmatoGelido
MidollaMollica
MoccolareImprecare, bestemmiare
NappaNaso
NiniBambini
NoiaFastidio
PetoncianeMelanzane
PezzòlaFazzoletto per il naso
PuntoPer niente
RamerinoRosmarino
RiaùtaRivincita
SchiacciataFocaccia
ScioccoSenza sale
SizzaVento freddo
SolitoStesso
SortireUscire
StiantareSbelliccarsi
SudicioSpazzatura
TòccoL’una o le tredici
TrasportoFunerale
UggiaVoglia
UscioPorta
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