“Sospecho, sin embargo, que no era muy capaz de pensar. Pensar es olvidar diferencias, es generalizar, abstraer. En el abarrotado mundo de Funes no habìa sino detalle…”
[Sospetto, tuttavia, che non fosse molto capace di pensare. Pensare significa dimenticare le differenze, generalizzare, astrarre. Nel mondo imballato e affollato di Funes non c’erano che dettagli…]
È così che Borges racconta la storia del prodigioso Ireneo Funes, uomo dall’incredibile memoria, condannato da questa stessa dote a passare la vita in solitudine, sommerso dai dettagli del mondo che non è capace di dimenticare e che lo rende inabile al pensiero. E se invece, adesso, la tendenza fosse quella contraria?
Ogni giorno nel mondo vengono fatte 4 miliardi mezzo di ricerche su Google. Nel tempo che avete impiegato per leggere questa frase, circa 208.000. “Googlare” è un’azione quotidiana che facciamo tutti più volte al giorno, così attratti dall’avere qualsiasi informazione a portata di mano in modo immediato. Provate a pensare. Quando è stata l’ultima volta che avete provato ad ottenere una risposta senza passare tramite un motore di ricerca? E vi siete mai chiesti se questa sorta di dipendenza possa avere effetti decisivi sul nostro modo di pensare, di vivere, o addirittura sul nostro cervello?
GOOGLE EFFECT
Queste sono le domande a cui hanno cercato di rispondere alcuni psicologi della Columbia University. Con una serie di esperimenti portati avanti nel 2011, hanno provato a testare come le persone ricordano nuove informazioni quando sono coscienti che le stesse possono essere archiviate e ritrovate in qualche luogo accessibile, come lo è internet. Secondo i risultati ottenuti, i ricercatori hanno concluso che gli utenti abituati ad usare device digitali e quindi ad effettuare ricerche, sono più propensi a ricordare non tanto l’informazione, quanto il dove è stata trovata. Al contrario, più le informazioni sono meno accessibili online e più è facile che queste vengano memorizzate.
In sostanza, il nostro cervello sta imparando a ignorare i dati che scoviamo in internet, rendendo i motori di ricerca la nostra memoria a lungo termine. Questo fenomeno è chiamato “Google effect”, o amnesia digitale. E tutti noi ne siamo inconsapevolmente affetti.
Come tenere allenata la mente
Ci sono svariati modi per tenere allenata la nostra memoria e farci uscire da questa dipendenza quasi invincibile, dalle applicazioni per smartphone con esercizi dedicati alle tecniche mnemoniche giù usate dai retori dell’antica Grecia. Anche lo studio delle lingue si è rivelato un toccasana: numerosi studi scientifici hanno dimostrato infatti che parlare correttamente almeno una lingua straniera aumenta la capacità di apprendimento e la velocità di comprensione, favorisce il sistema nervoso e quindi l’attività del cervello, affina l’udito e l’attenzione e può ritardare, se non addirittura scongiurare, malattie come il morbo di Alzheimer e la demenza senile. Controindicazioni non pervenute.