Illustrazioni di Sveta Sobolev
Per costruire un immaginario fantastico non servono solo creature magiche, paesaggi suggestivi e costumi in calzamaglia, ma anche parole potenti. Lo sa bene Tolkien, che per la sua monumentale opera ha creato ex novo una lingua artificiale come l’elfico.
Non si è dimostrata da meno J.K. Rowling, che non è soltanto la scrittrice della saga fantasy per ragazzi più celebre di tutti i tempi, ma anche una grande innovatrice in campo linguistico. La sua creatività espressiva non ha trasformato solo l’inglese, ma ha altresì vivacizzato le altre lingue sotto la spinta propulsiva del lavoro ingegnoso dei traduttori. Sono entrati ormai nel vocabolario comune neologismi come babbano, horcrux, quidditich, burrobirra. Oltre a diffondere innumerevoli parole ed espressioni inventate, la saga ha avuto il merito di rinvigorire termini già esistenti, ma considerati desueti o rari come la parola malandrino , che è stata immessa di nuovo nel lessico dei parlanti.
La densità e la complessità linguistica che caratterizzano Harry Potter sono ravvisabili ovunque nella storia. Il segno più evidente di ciò è l’onomastica. La Rowling segue quasi pedissequamente il motto latino nomen omen, ogni personaggio infatti nasconde nel suo nome un segno della sua natura: dai nomi onomatopeici (Severus Snape, nella versione italiana Severus Piton) ai veri e propri anagrammi (Lord Voldemort). Persino sulle imprecazioni si potrebbe aprire un capitolo filologico. Dal comunissimo “per la barba di Merlino” al coltissimo “per mille Gorgoni” che paradossalmente è utilizzato dal più sempliciotto dei personaggi , ovvero Hagrid. Infine, pensate al largo uso che si fa delle sigle, che spesso generano un effetto comico per via della loro ambiguità semantica. A titolo d’esempio si veda il C.R.E.P.A. (Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti), in inglese S.P.E.W. (Society for the Promotion of Elfish Welfare).
L’aspetto buffo e stravagante di alcune soluzioni formali non deve trarci in inganno. Dietro c’è un serissimo gioco combinatorio tra forma e contenuto, tra significato e significante. Per ogni termine di fantasia c’è sempre una ricerca etimologica certosina. La Rowling è un’abile paroliera che pesca a piene mani dal latino, dall’antica civiltà egizia, dal folklore anglosassone, dalla mitologia classica e sì, infine anche dall’immaginazione. Forse, uno dei motivi per cui Harry Potter ha avuto un successo mondiale è da imputare anche alla sua lingua globalizzata , che attraversa non solo lo spazio ma anche il tempo.
Oltre alle acrobazie del lessico magico, nell’universo di Harry Potter meraviglia la presenza di una moltitudine di lingue. Anche escludendo l’enorme varietà umana (i maghi sono diffusi ovunque quindi non stupisce la presenza di parlanti francesi, bulgari, irlandesi… ), il quadro risulta assai complicato.
Latino
Quando la Rowling ha dovuto affrontare il problema di trovare una lingua universale valida per tutta la comunità magica al di là delle frontiere nazionali, le sarà parso naturale scegliere il latino come veicolo degli incantesimi. Storicamente questa lingua, estesa su un territorio vastissimo, si è imposta su una varietà impressionante di popoli, ha resistito al crollo dell’Impero romano diventando per molti secoli il collante per le élite culturali ed è la madre di tutte le lingue romanze. Per qualcosa di così antico e potente come la magia, il latino, con la sua autorità indiscutibile, è sembrata la scelta più appropriata. “Expecto Patronum” suona convincente alle orecchie di qualsiasi mago nel mondo.
Serpentese
Forse una delle invenzioni più felici della saga, il serpentese in Harry Potter più che a una lingua corrisponde a un’abilità magica. Sono in pochi infatti i maghi in grado di comunicare con i serpenti nel loro accento sibillino. Tuttavia, essere un rettilofono nel mondo magico non è considerata una qualità eccezionale, ma piuttosto un tratto sinistro. Demerito di Salazar Serpeverde, il più celebre e malvagio rettilofono della storia, che ha trasmesso tale capacità per via ereditaria ai suoi discendenti. Uno dei pochi rettilofoni a non essere un erede di Serpeverde è proprio Harry Potter, ma noi lettori sappiamo che più che essere un’eccezione è una conseguenza della maledizione lanciata da Voldemort, lui sì, lontano parente di Salazar. La curiosità più grande riguardo il serpentese è che non può essere insegnato, perché soltanto chi ha una dote naturale può parlarlo (Harry addirittura si mostra del tutto inconsapevole di saper padroneggiare un’altra lingua), ma può essere imitato (Ron e Hermione lo scimmiottano per entrare nella Camera dei Segreti). L’unico individuo in grado di capirlo senza poterlo effettivamente parlare è Albus Silente.
Rune antiche
Uno dei linguaggi più criptici presenti in Harry Potter è quello delle rune. L’ispirazione è chiara: l’alfabeto runico usato dalle popolazioni germaniche, probabile eredità degli etruschi. Le rune venivano usate per fini esoterici e religiosi, per questo la loro interpretazione è sempre rimasta sfuggente. La stessa parola gotica “runa” significa “sussurro” (dal tedesco, raunen). “Antiche rune” è uno dei corsi più impegnativi di Hogwarts, sono pochissimi gli studenti ammessi. Fortunatamente la nostra Hermione non si è lasciata intimorire: senza la sua traduzione delle fiabe di Beda il Bardo chissà come sarebbe finita la storia.
Maridese
Nell’universo potteriano i Maridi sono le creature magiche che vivono sott’acqua (non soltanto sirene ma anche selkie, avvincini, plimpy, ecc.). Hanno una loro lingua, ovvero il maridese, che suona melodiosa e seducente sott’acqua ma si trasforma in un urlo stridente nell’aria. Ecco spiegato il misterioso funzionamento dell’uovo d’oro, indizio per la seconda prova del torneo Tremaghi. La duplice natura del maridese rispecchia la doppiezza del popolo del mare: incantatori pericolosi e ingannevoli. Tra i parlanti maghi: Albus Silente e Barty Crouch.
Goblin, Troll, giganti
Come è evidente, il mondo potteriano è popolato da moltissime creature, ma soltanto quelle organizzate a livello sociale possiedono una lingua propria. Una delle culture più sviluppate è quella dei goblin, i custodi dell’oro della Gringott, la banca magica. La loro società e le loro credenze sono molto complesse, soprattutto perché molto diverse da quelle umane. Tuttavia poco sappiamo della loro lingua, il goblinese, anche perché sono perfettamente in grado di parlare un inglese impeccabile con i maghi. Uno dei pochi a conoscere la loro lingua è (ancora) Barty Crouch, ma questa informazione non stupisce, visto che è il Direttore dell’Ufficio di Cooperazione Magica Internazionale.
Altre creature dotate di un loro codice linguistico sono i giganti. Anche della loro lingua sappiamo poco, soprattutto per la distanza geografica che li separa dai maghi, con i quali hanno comunque hanno avuto dei rapporti: lo dimostra la presenza dei mezzi giganti come Madame Maxime e Hagrid. Proprio il fratellastro di quest’ultimo, Grop, riesce ad imparare, seppur goffamente, l’inglese.
Chi invece sembra irrimediabilmente condannato a una vita linguistica primitiva sono i troll. Secondo l’opinione di Fred Weasley: “Tutti possono parlare il Troll. L’unica cosa che devi fare è puntare il dito verso qualcosa e grugnire”.