Queste oscure lingue: comunicare nel mondo di Philip Pullman

Dopo l’analisi sulle lingue parlate nella saga di Harry Potter, oggi la nostra Ilenia si occupa della trilogia “Queste oscure materie” di Philip Pullman

Illustrazioni di Eleonora Antonioni

Ogni storia fantasy si deve erigere su solide basi scientifiche. Se questa affermazione vi sembra un paradosso, chiaramente non avete mai letto la pluripremiata trilogia “Queste oscure materie” di Philip Pullman. In questa ambiziosa saga per ragazzi – di cui si attende un prossimo libro per questo ottobre – si fronteggiano due visioni antitetiche del mondo: scienza e religione si battono per il controllo della Polvere, ovvero le particelle di materia oscura che gravitano attorno a noi e che sembrano avere un ruolo fondamentale per la comprensione del nostro Universo.

Sono molti gli elementi che hanno contribuito a rendere la trilogia di Pullman, fin dalla sua pubblicazione, una delle saghe fantasy più discusse e controverse della letteratura per ragazzi (e non solo): a cominciare dal suo anticlericalismo, al complesso tessuto simbolico che innerva la narrazione, fino all’abile costruzione di personaggi anticonvenzionali come la giovane e impavida protagonista, Lyra Linguargentina. Tuttavia, la vera cifra stilistica delle Oscure materie è senz’altro l’intertestualità che si riflette inevitabilmente sulla lingua usata, o sarebbe meglio dire le lingue. Una fitta rete di citazioni lega l’opera di Pullman ai grandi classici della letteratura, tra questi William Blake e soprattutto John Milton (il titolo della saga e molti elementi del racconto sono appunto ispirati al suo “Paradiso perduto”). Il lessico creato è poi legato al mondo del sapere tout court. Sono innumerevoli i riferimenti alla scienza, alla filosofia, alle religioni (in particolare a quella giudaico-cristiana), al mondo greco e latino, alla mitologia.

Qualche esempio?

L’aletiometro, la famosa bussola d’oro che dà il titolo al primo libro della trilogia, è uno strumento, per la precisione un lettore simbolico, che permette di conoscere la verità (in greco antico, appunto, aletheia). I rimandi al mondo classico non sono finiti, anzi. Il più celebre è forse l’omaggio al daimon socratico. Il termine in greco indica semplicemente uno “spirito”, ma le caratteristiche che gli attribuisce Socrate sono ben più specifiche: il daimon è una divinità minore, un genio che fa da guida a ognuno di noi. I daimon nel mondo di Pullman rispecchiano quest’idea di fondo, ma con un’aggiunta significativa: non sono solo voci interiori ma si manifestano fisicamente sotto forma di animali. Per ammissione dello stesso Pullman, l’idea di rappresentare una parte di noi (qualcuno direbbe l’anima) attraverso questi fedeli compagni è stata ispirata da un quadro di Leonardo Da Vinci, la “Madonna con l’ermellino”. Sempre dall’antica Grecia proviene l’energia ambarica che governa la Oxford di Pullman e che, nel nostro mondo ben più prosaico, è anche nota come energia elettrica (in greco eléktron vuol dire ambra).

Gli scambi linguistici non sono soltanto uno sfoggio di cultura, ma hanno un peso nell’interpretazione del racconto. Prendiamo ad esempio una delle organizzazioni controllate dalla Chiesa, l’Intendenza Generale per l’Oblazione, specializzatasi nello studio della Polvere attraverso degli esperimenti scellerati condotti su bambini rapiti. Il nome non è che un riferimento all’oblazione della liturgia cristiana, ovvero l’offerta del pane e del vino durante la Messa e in generale i doni dei fedeli alla Chiesa (dal latino oblatio, offerta). Pullman, quindi, non ha fatto altro che rovesciare provocatoriamente il significato cristiano originario, attribuendo così al linguaggio della Chiesa una sfumatura ipocrita e vessatoria.

La contaminazione lessicale, i capovolgimenti di significato e l’interconnessione tra epoche storiche, saperi e tradizioni differenti sono parte della dinamica di base di “Queste oscure materie”. D’altronde la natura dei romanzi creati da Pullman è fortemente antidogmatica e offre sempre una prospettiva multiculturale e plurireligiosa. Infatti, una delle svolte più affascinanti della storia è la rivelazione dei multiversi. Pullman è stato così audace da non limitarsi a ritrarre un solo mondo (quello vittoriano di Lyra, con tinte steampunk), ma da inventarne molti. Tanti mondi equivale a dire tanti popoli e creature, altrettante geografie e confini. Il racconto di Pullman è abitato dai noti Panserbjørn, letteralmente “orsi corazzati” in norvegese, dai temibili Tartari, dalle streghe del nord (capitanate da Serafina Pekkala, un nome chiaramente finlandese), dai gallivespiani (che ricordano il piccolo popolo del folklore nord europeo), dai Mulefa (una pura invenzione dell’autore, sono degli animali con una coscienza, una propria lingua e un’organizzazione sociale complessa).

Non stupisce quindi che venga dato così tanto rilievo al problema fondamentale della comunicazione. Come parlano tra loro popoli che non solo adottano lingue diverse, ma che abitano anche mondi distinti? La soluzione che trova Pullman è illuminante. Sono i daimon, ovvero le nostre coscienze, a farci da traduttori. Sarebbe parecchio utile nel mondo reale ogni volta che si visita un paese straniero mandare avanti il nostro daimon a chiedere indicazioni stradali. In questo modo le lingue non sono altro che le declinazioni specifiche di un linguaggio universale che le coscienze intendono.

Nel romanzo di Pullman, però, la chiarezza tra parlanti non è sempre la via giusta di ottenere informazioni. Uno dei linguaggi più utilizzati all’interno della storia è quello simbolico. Che sia l’aletiometro a parlare, che siano i bastoncini dell’arte divinatoria dell’i-ching o le metafore stesse create da Pullman, i simboli rivestono un importante ruolo nell’enigmatica trilogia delle Oscure materie. Il titolo, d’altronde, non prometteva certo una strada facile per l’interpretazione della storia.

All’interno di un universo così ricco non è un caso che la figura più emblematica sia quella dell’esploratore. Come non citare Lee Scoresby (omaggio all’esploratore artico William Scoresby) ma soprattutto il protagonista prometeico della storia: Lord Asriel, il cui nome di origine biblica significa “aiuto di Dio”, ma anche “principe”, “vicario”. Non solo l’etimologia dei nomi dei personaggi, ma anche la toponomastica conferma l’infinita ricchezza linguistica e culturale del testo. Ad esempio, Cittagazze (in italiano nel testo originale, con il significato di città di ladri) è un riferimento ai comuni medievali italiani. La Gilda dei filosofi non vi ricorda niente?

Pullman lascia viaggiare i suoi lettori non soltanto tra i popoli di innumerevoli luoghi diversi – alcuni immaginari, altri meno – ma lo fa anche piroettare tra le pieghe del tempo, con omaggi a tante epoche storiche, riferimenti a mondi mitologici, tradizioni religiose, metafore fantastiche e nozioni scientifiche. Il mezzo di trasporto scelto per questo viaggio? La lingua, veicolo di idee, immagini, suoni meravigliosi.

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