Storia del norreno e del suo glorioso passato

Che cos’è, da dove viene e cosa rimane oggi del norreno? Ecco la storia di questa antica lingua scandinava, le cui tracce non sono del tutto scomparse.
Una barca in stile vichingo

Immaginate: corre l’anno 835, avete passato la notte in bianco, attraversando le impetuose acque del Mare del Nord a bordo di lunghe navi, in compagnia dei vostri compagni danesi, facendo rotta verso la costa inglese. Avete il mal di mare, il vostro sokkr (calzino) sinistro è completamente zuppo, e uno spiffero si insinua nel buco della hosur (gamba del pantalone). Si congela lì e l’unica cosa che vorreste davvero è esservene rimasti a casa. Detto fra noi, siete sul punto di buttarvi dal ponte della nave, ma… aspettate! Oltre l’ululato del vento, sentite qualcuno gridare, “Fiiiiiiiiiiiit!” Fit? Il vostro compagno ha perso la testa con tutto l’elmo per caso? Fortunatamente, essendo il norreno la vostra madrelingua, afferrate il messaggio: ha avvistato terra! Prima di abbordare le abitudini predonesche degli antichi Scandinavi però, circumnavighiamo per un attimo le coste della loro lingua.

Breve storia del norreno, l’antica lingua scandinava

I parlanti dell’antica lingua norrena vengono chiamati “norreni” (in inglese: Norsemen, perché, per quanto ne sappiamo, il numero di donne era scarso). Il norreno è una lingua germanica settentrionale parlata dagli abitanti della Penisola scandinava e della Danimarca tra il nono e il tredicesimo secolo d.C. circa (e, in alcuni luoghi, fino al quindicesimo secolo).

La propensione espansionista e “colonizzatrice” di questi popoli fece sì che la loro lingua si diffondesse anche in luoghi lontani come la Gran Bretagna, l’Irlanda, la Francia e l’ampia federazione slavo-finlandese del Rus’ di Kiev. È per questo motivo che, nel nono secolo, il norreno era la lingua europea più diffusa.

Il protonorreno, che veniva scritto con un alfabeto runico chiamato futhark antico, si è evoluto nel norreno (scritto invece con rune scandinave e poi in latino), il quale comprendeva tre dialetti: norreno occidentale, norreno orientale, e gutnico antico. La distribuzione di questi tre dialetti era alquanto confusa, con il norreno orientale sviluppatosi in Norvegia e il norreno occidentale in Svezia.

Il dialetto occidentale veniva inoltre parlato negli insediamenti in Irlanda, Scozia, Isola di Man, Inghilterra nordoccidentale, e in parte della Normandia. Quello orientale era diffuso in Danimarca, Svezia, Inghilterra orientale, e negli insediamenti nel Rus’ di Kiev.

I parlanti del gutnico costituiscono invece una storia a sé, anche se pare che una forma moderna di questo dialetto sia ancora in uso in alcune parti delle isole svedesi di Gotland e Fårö.

L’evoluzione del norreno

Cosa è successo quindi? Per quale ragione, oggigiorno, non c’è nessuno che chiami i pantaloni brækr (notare la somiglianza con il termine inglese antico “breeches” per calzoni)?

Ebbene, la diffusione del norreno venne stroncata sul nascere su diversi fronti: da Guglielmo il Conquistatore in Inghilterra e in Francia, da Brian Boru in Irlanda e dalle orde mongole; rispettivamente, nel 1066, nel 1014 e nel 1240. In seguito, i coloni norreni furono generalmente assorbiti nella popolazione locale, anche se all’estremo nord, ad esempio nelle Isole Fær Øer, l’influenza del norreno rimase molto forte.

Infatti, fino a tempi relativamente recenti, sulle isole di Orkney e Shetland era ancora in uso una forma di lingua norrena chiamata norn! Quando poi queste isole, un tempo norvegesi, passarono alla Scozia, la lingua comunemente chiamata Scots (il gaelico) prese il sopravvento.

La lingua norn, conosciuta anche come noords o rude Danish (letteralmente, “danese volgare, scortese”. Davvero, non ce lo stiamo inventando!), si è purtroppo estinta nel 1850 assieme al suo ultimo parlante, il quale abitava nella casa più a nord di tutte le Isole britanniche: il signor Walter Sutherland.

Al di là di questi dialetti, è risaputo che il norreno ebbe un notevole impatto sulla lingua inglese, essendo in parte la ragione per cui le convenzioni ortografiche di quest’ultima sono un incubo per i non madrelingua.

L’origine delle lingue scandinave moderne

Se tutti gli scandinavi un tempo parlavano norreno significa che possono capirsi tra loro anche oggi? Ecco, in un certo senso… sì: norvegesi, danesi e svedesi possono farlo! E questo si deve all’eredità linguistica che condividono. Se mettete in una stanza un gruppo eterogeneo di scandinavi, ne otterrete sempre un mix di battute e di rivalità, ad esempio su chi abbia conquistato per primo l’altro o su chi vanti l’accento più fastidioso, e così via.

A proposito, avete mai sentito parlare del Grágás? No, non ha nulla a che vedere con il carnevale brasiliano. Il Grágás è un codice di leggi islandese del dodicesimo sec. secondo cui tutti i popoli norreni parlavano la dǫnsk tunga (la lingua danese). Effettivamente, l’islandese e il faringio sono le lingue che hanno subìto meno cambiamenti nel corso degli ultimi mille anni.

Per quanto possa sembrare assurdo, i parlanti dell’islandese odierno sono ancora in grado di leggere il norreno, sebbene la pronuncia e l’ordine delle parole abbiano subìto delle evoluzioni.

Il vocabolario norreno 

Un rapido sguardo a un dizionario norreno online può rivelare molto sulla cultura di questo popolo. A prima vista, “coraggioso” ha sei sinonimi: bitr, frœkn, góðr, hraustr, snjallr e vaskr. Anche “coraggio” ne possiede altrettanti, mentre le parole “chiaro” e “desiderio” hanno entrambe sette sinonimi ciascuna.

Esistono poi sette varianti del verbo “andare”, cinque modi di dire “aiuto” e quattro per il verbo “aiutare”. Risulta poi che ci fossero sette parole per “mare” in norreno (davvero!), un sacco di “discorsi”, una miriade di “re” (ma nessuna “regina”, a quanto pare), e nove forme di dire “uomo” e “battaglia”!

Tutto ciò restituisce un interessante spaccato su quello che i norreni amavano scrivere. Infatti, queste liste di vocaboli sono state presumibilmente compilate sulla base di fonti scritte come il Codex Regius, la più antica collezione di poemi in norreno che ci è pervenuta, risalente attorno al 1270.

Vi è venuta voglia di fare un giro in Scandinavia? Allora, la prossima volta che farete un brindisi, pensate che il boccale di birra che avete in mano era affettuosamente conosciuto dai Norreni e dai loro compagni come björker. Come dicono in Islanda quindi, skál! (Salute!)

Che lingua parlavano i vichinghi?

Leggendo questo articolo, vi sarà forse venuta in mente la parola “vichingo” e forse vi sarete accorte/i che non abbiamo mai menzionato i cosiddetti “Vichinghi”. Inoltre, non vi abbiamo detto quale lingua parlava questa popolazione che raggiunse il suo massimo splendore proprio nell’epoca di cui abbiamo parlato. Come mai?

In effetti, i vichinghi parlavano norreno. Il motivo per cui non abbiamo mai parlato di “vichinghi”, ma piuttosto di “norreni”, è che i vichinghi sono solo una parte della popolazione norrena. Infatti, con “vichingo” si intende un uomo libero che si dedicava alle scorrerie in barca (un pirata, sostanzialmente). Tuttavia, molto spesso, si fa l’errore di descrivere con la parola “vichinghi” tutti coloro che vivevano in Scandinavia nell’alto Medioevo.

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Samuel Dowd

Samuel Dowd ha trascorso gli anni della sua formazione tra Regno Unito e Irlanda. Ha una laurea triennale in Scultura e una specialistica in Filosofia e time-based arts e lavora come artista, film-maker, giardiniere, scrittore e, a Babbel, come redattore per l’inglese britannico. Seguendo la sua vocazione per tutto ciò che si può definire sperimentale (dall’architettura, all'agricoltura biologica, passando per la musica e la poesia e la prosa multilingue), ha finito per girare mezzo mondo. Prima di stabilirsi a Berlino nel 2013, ha vissuto in Finlandia, Nuova Zelanda, Austria e Croazia. Ha tradotto molte opere letterarie in inglese, tutte meravigliose e anche un po’ strane, e la sua nuova sfida è riuscire a trattenere il respiro sott’acqua senza pensare in nessuna lingua il più a lungo possibile.

Samuel Dowd ha trascorso gli anni della sua formazione tra Regno Unito e Irlanda. Ha una laurea triennale in Scultura e una specialistica in Filosofia e time-based arts e lavora come artista, film-maker, giardiniere, scrittore e, a Babbel, come redattore per l’inglese britannico. Seguendo la sua vocazione per tutto ciò che si può definire sperimentale (dall’architettura, all'agricoltura biologica, passando per la musica e la poesia e la prosa multilingue), ha finito per girare mezzo mondo. Prima di stabilirsi a Berlino nel 2013, ha vissuto in Finlandia, Nuova Zelanda, Austria e Croazia. Ha tradotto molte opere letterarie in inglese, tutte meravigliose e anche un po’ strane, e la sua nuova sfida è riuscire a trattenere il respiro sott’acqua senza pensare in nessuna lingua il più a lungo possibile.