Illustrazione di Paola Saliby
Avete mai bevuto qualcosa in un caffè letterario?
No? Allora è arrivato il momento di colmare questa lacuna.
Vi abbiamo già raccontato come si beve il caffè in Italia, ma non vi abbiamo ancora suggerito dove prenderlo, magari accompagnato da un dolce squisito. Per noi la risposta è una sola: nei Caffè Storici e Letterari d’Italia, naturalmente! In fondo, il lento processo di unificazione del Paese, quando ancora la lingua italiana era una questione plurale, è iniziato anche tra questi tavoli. Ecco allora un rapido colpo d’occhio sulla mappa di questi magici luoghi, i caffè letterari dove degustare le migliori miscele (e non solo) in un’incantevole atmosfera d’antan: da nord a sud, a voi la scelta.
Torino
Questa città vanta il primato del primo caffè espresso servito in Italia: era il 1884 e per questa invenzione dobbiamo tutti eterna riconoscenza all’imprenditore Angelo Moriondo. La tradizione dei caffè è però molto più antica. Già nel 1763 apriva come bottega di confetti il Caffè Confetteria ‘Al Bicerin’ – dove Camillo Benso Conte di Cavour, ma anche Silvio Pellico, Alexandre Dumas (père) e Giacomo Puccini erano soliti intrattenersi – e la cui specialità è presto detta: il bicerin. Si tratta di una bevanda calda a base di caffè, cioccolata latte e sciroppo: in questo locale, si tramanda e si custodisce gelosamente la ricetta originale.
Qualche anno dopo, nel 1780, apre il Caffè Fiorio all’ombra dei portici di Via Po. Diventa ben presto il luogo d’incontro della nobiltà e dell’aristocrazia durante l’epoca della restaurazione, per poi tramutarsi nel ritrovo prescelto dalla classe dirigente sabauda durante il Risorgimento. Fiore all’occhiello del Caffè Fiorio: il gelato. Persino Nietzsche ne era golosissimo.
Se una divagazione è permessa, un’altra gelateria artigianale da provare assolutamente è quella di Pepino, giunto da Napoli a Torino nel 1884, e in seguito divenuto Fornitore della Real Casa: celeberrimo è il suo Pinguino®, il primo gelato al mondo su stecco (al gusto crema, vaniglia, gianduja, nocciola e naturalmente caffè) ricoperto di finissimo cioccolato.
Tornando a noi, a far da controcanto al Fiorio, caffè frequentato dalle élite più conservatrici, nel 1822 apre il Caffè di Piazza D’Armi, divenuto poi Caffè San Carlo. Diventerà il salotto degli intellettuali scapigliati e dei patrioti risorgimentali: fu addirittura chiuso a più riprese per “sospette attività sovversive”. Ai tavoli, tra le molte personalità chiave della nostra storia, avremmo potuto incontrare Benedetto Croce, Edmondo De Amicis e Luigi Einaudi.
Infine, ricordiamo anche il gioiello liberty Baratti&Milano, in Piazza Castello dal 1858, il Caffè Platti dal 1870 con pasticceria, tra i cui avventori possiamo ricordare Einaudi e Cesare Pavese. Infine, dal 1907, il Caffè Mulassano diviene ritrovo abituale sia dell’aristocrazia che degli artisti del Teatro Regio. La sua specialità è, dal 1926, uno spuntino gustoso e veloce che D’Annunzio anni dopo chiamò tramezzino. Più volte la piccola sala è stata utilizzata come set d’eccezione per il cinema: si pensi a Piccolo mondo antico (1941) di Mario Soldati, cliente abituale come lo scrittore Guido Gozzano.
Milano
Milano non è da meno: nuovi “concept” per caffè e pasticcerie sono all’ordine del giorno. Ricordiamo qui i luoghi che hanno la fatto storia dei salotti meneghini, dove una piccola pausa per recuperare le energie dopo un giro di shopping nel Quadrilatero rimane d’obbligo. In genere si tratta di Caffé o Sale da Tè, con pasticceria di produzione artigianale. Tutti luoghi unici e dal fascino antico.
Iniziamo da Savini, in Galleria Vittorio Emanuele II, eccellenza datata 1867. Tra i frequentatori di questo caffè letterario si annoverano veri e propri protagonisti della scena culturale scaligera: compositori e cantanti d’opera quali Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini e Pietro Mascagni, Maria Callas ed Eleonora Duse, musa dannunziana, ma anche Filippo Tommaso Marinetti, Luchino Visconti, Charlie Chaplin, Ava Gardner e Frank Sinatra. Qui, il marocchino si ordina chiedendo un Montebianco. Lo stesso anno, in Galleria apre anche Biffi.
La storica Pasticceria Cova, è stata invece fondata nel 1817 all’angolo con Piazza della Scala (oggi è in Via Montenapoleone), e divenne presto ritrovo di patrioti risorgimentali, prominenti borghesi ed élites aristocratiche, oltre che, naturalmente, caffè letterario degli intellettuali impegnati. Anche qui, Giuseppe Verdi è ricordato tra gli assidui all’ora del tè, che accompagnava, deliziato, con il dolce tradizionale della città: il panettone. Quello della Pasticceria Marchesi è l’altro indirizzo da segnare sul proprio carnet di viaggio: la troverete sempre in Galleria o nell’antica bottega all’angolo di Corso Magenta. Dal 1824 questa storica bottega serve caffè e pasticcini (nonché deliziose gelées di frutta) alla Milano dell’aristocrazia e dell’alta borghesia.
Un’altra sala da tè degna di menzione – un po’ più lontana dal centro, ma pur sempre nella Milano vecchia, della zona Navigli, in Corso Genova – è la Pasticceria Cucchi: “È cambiato tutto, intorno, ma Cucchi è rimasto esattamente quello che era” dal 1936. Da provare all’ora della merenda o per l’aperitivo. Per un tuffo nella storia più recente, è dal 1911 che, nel cuore di Brera, al Bar Jamaica si prende il caffè, si ascolta buona musica e si fanno mostre d’arte e fotografia. Non per nulla è ricordato dai milanesi come il Caffè degli artisti.
Venezia e Padova
Quello che conosciamo come Caffè Florian, in Piazza San Marco a Venezia è stato aperto da Floriano Francesconi nel 1720 con il nome ‘Alla Venezia Trionfante’. I veneziani, però, usavano semplicemente dire in dialetto “andémo da Floriàn”. Si tratta del più antico Caffè italiano, e uno dei più antichi Caffè d’Europa. Chi lo frequentava? In primis, Casanova, l’inesausto corteggiatore, e tra gli altri nomi illustri: Parini, Ugo Foscolo e Gabriele D’Annunzio. Carlo Goldoni vi si è ispirato per la scrittura de La Bottega del Caffè. Non mancavano i prestigiosi ospiti internazionali: oltre a Lord Byron e Charles Dickens, anche Goethe e Rousseau. Fu, inoltre, luogo privilegiato d’incontro per patrioti come Niccolò Tommaeseo e Silvio Pellico durante i moti insurrezionali indipendentisti del 1848, quando il Caffè fu messo a disposizione come ospedale temporaneo. Le sei sale di questo antico caffè letterario sono considerate piccole gallerie d’arte, davvero imperdibili.
Era il 1775 , quando Giorgio Quadri – appena rientrato da Corfù con la moglie – decise di “investire gli averi di famiglia in un locale che vendesse l’acqua negra bollente” acquisendo il fu ‘Caffè Rimedio‘, sotto i portici delle Procuratie Vecchie di Piazza San Marco. In quello che oggi è noto come Gran Caffè Quadri nel corso del tempo si sono accomodati Stendhal, Marcel Proust e Richard Wagner. Poco distante, a ridosso della piazza, troverete invece un luogo altrettanto storico, ma più tardo: è solo nel 1931, infatti, che Giuseppe Cipriani apre l’Harry’s Bar. Tra il 1949 e il 1950 un tavolo fisso è riservato a Ernest Hemingway, amico e cliente abituale: «et alors, Monsieur Hemingway, ça va»? Tra i suoi ospiti, tanto aristocratici quanto intellettuali, si annoverano inoltre Arturo Toscanini, Peggy Guggenheim, Georges Braque, Charlie Chaplin, Truman Capote e Orson Wells. Qui, inoltre, è stato inventato il Bellini, il fresco cocktail a base di prosecco e purea di pesca bianca.
Stendhal era di casa anche al Caffè Pedrocchi, dal 1831 splendore architettonico in stile neoclassico nel cuore di Padova. Sembra che il caffè, nato come torrefazione nel 1826, fosse considerato dallo scrittore “le meilleure d’Italie”, tanto che ritroviamo la rinomata ‘Caffetteria‘ anche tra le pagine della sua opera, la Certosa di Parma. Al caffè letterario più famoso di Padova ci si riferiva con l’appellativo di “senza porte” perché dall’inaugurazione al 1919 è sempre rimasto aperto, giorno e notte. Presto divenne il crocevia di incontri importanti tra uomini d’affari e studenti, ma soprattutto di intellettuali e letterati internazionali come Alfred de Musset, Théophile Gauthier e George Sand; tra gli italiani Ippolito Nievo, D’Annunzio e la Duse e il futurista Marinetti. La loro specialità di oggi? Un espresso servito in tazza grande con un’emulsione di panna e menta, completato con una spolverata di cacao.
Trieste
Il Caffè Tommaseo apre a Trieste nel 1830. Fin da subito, fu animato dai più ferventi dibattiti politici e letterari, cui presero parte anche James Joyce e Stendhal. Si dice anche che fu il primo Caffè a offrire il gelato ai triestini. Sempre nella città friulana non va dimenticato il Caffè degli Specchi del 1839, in Piazza dell’Unità, amato invece da Italo Svevo, Frank Kafka e Joyce. Le pareti di questo splendido caffè letterario furono all’epoca ricoperte di incisioni realizzate su specchi, ognuna delle quali ricorda un evento storico ottocentesco. Degli antichi specchi originali, oggi però ne troverete esposti in arredo soltanto tre. Infine, nel 1919 viene inaugurato il Caffè San Marco, i cui arredi erano decorati seguendo un motivo a foglie di caffè; fu ritrovo di intellettuali, artisti e letterati come Joyce, Svevo e Umberto Saba, ma soprattutto di giovani irredentisti.
Firenze e Pisa
Il più antico di Firenze è il Caffè Gilli, che risale al 1733. Inaugurato come ‘Bottega di pani dolci’, (ora in Via Roma, al tempo si trovava in Via de’ Calzaiuoli, poi degli Speziali), è presto diventato salotto buono borghese ed elegante della vita cittadina durante la Belle Époque e per tutto il Novecento, degno ospite di riunioni artistiche e letterarie. Tra i fedelissimi astanti, Gabriele D’Annunzio non poteva mancare. Anche in questo caso, il servizio al tavolo si rivela un plus.
Forse ancor più celebre è il Gran Caffè storico e letterario “Le Giubbe Rosse”, fondato nel 1896 dai fratelli Reninghaus. Il locale prende il nome dalle casacche che indossavano i camerieri, secondo la moda asburgica del tempo. La storia di questo caffè letterario è molto articolata: nei suoi primi anni il locale fu un circolo scacchistico e si dice che persino Vladimir Lenin, appassionato del gioco, fosse passato di qui prima che i futuristi milanesi – Marinetti, Boccioni, Carrà e Russolo tra i più noti del movimento – lo rendessero un circolo artistico e culturale, nonché sede delle prime riviste letterarie, quali ‘Lacerba’ e ‘L’Italia futurista’ (molte altre ne seguirono, ma è un’altra storia). Pare inoltre che proprio le sale delle Giubbe Rosse facessero da sfondo alle frequenti risse tra i futuristi milanesi e gli artisti fiorentini, o ancora di quest’ultimi con i loro critici. A questi tavoli sostarono anche Gordon Craig, André Gide e Medardo Rosso, ma tra i più insigni frequentatori di questo interessante caffè letterario ritroviamo sicuramente Eugenio Montale, Umberto Saba, Elio Vittorini e l'”Ingegnere in blu”, Carlo Emilio Gadda.
A quello che invece era il Caffè Centrale, aperto nel 1846, nel 1902 si sostituì il Paszowski, che all’epoca si distinse come birrificio, caffè e sala da concerti, accogliendo letterati e poeti quali ancora D’Annunzio, Montale, Saba e Dino Campana.
Le Rivoire, infine, è un’elegante cioccolateria e bottega storica fiorentina, aperta nei pressi di Piazza della Signoria nel 1872 da Enrico Rivoire, mâitre chocolatier della famiglia reale Savoia.
Sul Lungarno Pacinotti di Pisa, in Palazzo Agostini, si trova ancora la sede del Caffè dell’Ussero, fondato nel 1775, un luogo suggestivo dove ancora oggi si percepiscono echi risorgimentali. Giosuè Carducci era un habitué di questo caffè letterario e sono proprio le mura del locale a testimoniarlo: le antiche pareti riportano infatti i pensieri degli intellettuali che lì usavano ritrovarsi, tra i quali, oltre a Carducci, possiamo ricordare Mazzini e John Ruskin.
Nel 1939 il caffè fu anche sede del primo Congresso Italiano degli Scienziati. Dove, altrimenti?
Roma
L’Antico Caffè Greco di Via dei Condotti, fondato nel 1760 da un ristoratore di origini elleniche, è il più antico della Capitale (e secondo d’Italia dopo il Caffè Florian di Venezia). Nell’elegante e prestigioso caffè letterario romano nel corso degli anni “si sono dati appuntamento artisti, musicisti e intellettuali” di grande fama e talento: scrittori come Andersen, Goethe e Gogol’, Byron, Apollinaire e Stendhal, ma anche Thomas Mann, Herman Melville, Henrik Ibsen; filosofi come Schopenhauer, Hoffmann e Maria Zambrano; cineasti del calibro di Orson Wells… insomma, l’elenco degli avventori illustri è davvero lunghissimo.
Oggi è un vero e proprio museo che conserva oltre 300 opere d’arte esposte nelle proprie sale accessibili al pubblico. Eppure, incredibilmente, sembra essere a rischio chiusura.
In Via del Babuino si trova il Caffè Museo Atelier Canova Tadolini, l’antico studio di Antonio Canova, lasciato nel 1818 al suo allievo Adamo Tadolini. Oggi non è solo un caffè letterario, ma anche uno studio-museo che raccoglie “la memoria di due secoli di scultura italiana”. Il Caffè della Pace è dal 1891 un altro ritrovo di intellettuali non lontano da Piazza Navona e dal Chiostro del Bramante: l’arredo antico è di legno e la facciata è ricamata da una vite canadese. Il Caffè Bar Rosati, si trova invece a Piazza del Popolo. Personaggi come Pier Paolo Pasolini e Italo Calvino erano, insieme a Elsa Morante, assidui frequentatori; così come gli operatori di Cinecittà.
Direttamente su Piazza di Spagna si affaccia, infine, la Sala da Tè Babington, fondata da due giovani donne inglesi nel 1893 – epoca in cui il tè si trovava solo in farmacia – come luogo di ritrovo intimo e riservato, dove la comunità anglosassone poteva leggere e conversare in lingua, o come scriveva il Roman Herald di quegli anni “where ladies or gentlemen, hard at work sightseeing could go to refresh themselves with a comforting cup of tea”. L’atmosfera che si respira ancora oggi in questo caffè letterario, non ha perso la sua magia.
Napoli
A Napoli, il caffè è molto più di un semplice caffè. A Napoli, ‘capitale dell’oro nero’, il caffè si fa alla napoletana. Le caratteristiche imprescindibili sono tre: nero, bollente e poco dolce.
Tra i molti caffè letterari in città, ce n’è uno maestoso e “in ogni epoca moderno” in Via Chiaia, affacciato su Piazza del Plebiscito: dal 1860, è sempre stato un vero e proprio salotto culturale e politico cittadino, cuore pulsante della vita mondana, nonché Fornitore della Real Casa. Il Gran Caffè Gambrinus, è riconosciuto come il Caffè partenopeo per antonomasia, una galleria d’arte arredata in un magnifico stile liberty. Si dice che nessun viaggiatore rinunci alla tentazione di andarci: una vera e propria tappa obbligata per chiunque si trovi in città. Benedetto Croce, Oscar Wilde e Ernest Hemingway vi trascorrevano ore di conversazioni e letture. Sembra, infine, che qui D’Annunzio abbia scritto – di getto, a matita su uno dei tavolini in marmo – ‘A vucchella‘, una famosa canzone in dialetto napoletano, incisa più tardi da Enrico Caruso e cantata anche da Luciano Pavarotti. Oggi, oltre alla miscela classica, si può optare per una particolare variante di caffè: chiedete un supergoloso al cioccolato, con le nocciole o la panna, da ordinare con una sfogliatella ancora tiepida… o un babà al rum con panna montata freschissima. Non rimarrete delusi, è una promessa.
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