Quel che mio è mio: l’Ex Libris

Prima di farvi prestare un libro da qualche vostro amico, verificate la presenza di un Ex Libris sulla prima pagina. Se lo trovate beh, vi consiglio di stare molto attenti.
Quel che mio è mio: l'Ex Libris

I possessori di libri si possono dividere in tre categorie:
1 – Gli Indifferenti: nelle loro abitazioni sono presenti dei volumi di vario tipo, ma non si sa bene come, quando e perché siano finiti in quell’appartamento.
2 – I Moderati: detentori di una piccola biblioteca andata formandosi non solo esclusivamente grazie a regali di Natale e compleanno. Si vede il germe del gusto, e in casa i libri trovano un proprio spazio dedicato.
3 – I Maniaci: i catalogatori seriali; quelli che se muovi un libro: “ti spiezzo in due”.
Generalmente a queste categorie viene attribuito un diverso grado di gelosia, che in questo caso varia da quello minore scalando verso il maggiore.  Gli appartenenti al terzo gruppo sono quindi quelli che raramente presterebbero un libro ad amici o conoscenti e, nel caso in cui questo dovesse avvenire, state certi che la prima pagina sarà già stata marchiata con una firma o un Ex Libris; ergo: non puoi più sfuggire, caro.

Chi mi ruberà il libro morrà di mala morte

L’Ex Libris è un contrassegno (può essere un timbro, un’incisione, un cartoncino stampato e così via) incollato sulle prime pagine di un libro, ad indicarne la proprietà. L’Ex Libris infatti generalmente ingloba nel disegno anche il nome del proprietario del volume, oppure brevi citazioni a cui lo stesso è particolarmente legato.
L’arte dell’Ex Libris ha una natura molto antica e risale ad ancor prima dell’invenzione della stampa, precisamente agli inizi del Quattrocento, quando si rendeva necessario marcare i codici scritti dagli amanuensi (causa ovvia impossibilità di sostituzione del tomo) aggiungendo sul risvolto della copertina la scritta “Hic liber est meu, quem mihi dedit Deus”. Appartengono invece alla fine del quindicesimo secolo i primi Ex Libris incisi su di un blocchetto di legno, i reperti più antichi pervenuti a noi sono datati 1470 e appartenenti a due ecclesiastici tedeschi. Se nel primo un angelo candido sorregge i simboli della casata di famiglia, l’altro, appartenuto a tale Johannes Knabensperg alias “Igler” raffigura un istrice con in bocca la scritta:  “Hanns Igler das dich ein Igel kuss” usata , come era solito fare, a mo’ di deterrente verso qualsiasi azione di appropriazione indebita. Riuscendoci, presumo.

Da arte snobbata alla ribalta museale

Ora, ahimè, l’attività di creazione di Ex Libris ad hoc sta piano piano scomparendo, fortunatamente rimane ben saldo almeno come forma d’arte, quindi meno legato al suo uso originario. Eppure per molto tempo questi piccoli blasoni sono stati relegati ad un ruolo minore anche nel campo grafico/artistico. L’interesse sotto un punto di vista più alto e nobile si fece maggiore in concomitanza con il periodo liberty, che portò un rinnovamento sia nella grafica che nella considerazione dello stesso: l’Ex Libris non veniva più visto come oggetto “utile”, ma artistico, da collezione (per la questione dell’utile nell’arte rimandiamo al caro e vecchio Oscar Wilde), tanto da spingere i bibliofili a viaggiare per tutta Europa alla ricerca degli Ex Libris più rari, rendendoli veri e propri oggetti da museo a partire dalla fine del Novecento,  dopo un altro periodo buio venuto finalmente alla luce.

Pur apprezzando le qualità estetiche degli Ex Libris, da appartenente alla categoria “Maniaci” io continuo a lottare per una nuova ascesa nel campo dell’utile: se pure voi siete come me, non vi resta altro che riempire di frasi minacciose la prima pagina dei vostri libri, magari in più lingue: la prevenzione prima di tutto.

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