Come l’inglese ha preso il posto del francese come lingua franca a livello globale

Potrebbe sembrare ormai scontato che l’inglese sia la lingua franca a livello globale, ma come ha fatto a imporsi e cosa è successo al francese?
Justin Trudeau, Michel Temer, e Scott Morrison nella Plenarai del G20 che si è tenuto in Argentina nel 2018

Secondo il linguista David Crystal, per considerare una lingua “lingua franca”, questa deve essere adottata da paesi in cui non è la lingua madre, deve essere resa ufficiale in questi paesi e deve essere usata in settori importanti, come quello diplomatico, commerciale o scientifico. Fino a pochi decenni fa, la seconda lingua preferita era il francese ma, nel giro di pochi decenni, l’inglese ha preso il sopravvento. Che cosa ha portato a questo cambiamento? E sarà l’inglese la lingua franca per i secoli a venire?

Storia dell’inglese come lingua franca globale

Il francese conquista l’Europa e il mondo

L’antico normanno diventò la lingua dell’aristocrazia inglese dopo che Guglielmo il Conquistatore conquistò l’Inghilterra nel 1066. È diverso dal francese che viene parlato al giorno d’oggi, ma la sua capacità di resistenza nelle isole britanniche è stata notevole.

Nei contesti formali britannici il francese è ancora presente: dal motto Honi soit qui mal y pense (“Vergogna a chi pensa male”) che adorna lo stemma reale del Regno Unito, fino al suo uso corrente nella corrispondenza tra la Camera dei lord e la Camera dei comuni (Soit baillé aux Seigneurs/Communes, “Sia inviato ai lord/comuni”, è una delle tante espressioni usate nella corrispondenza dal chierico della Camera). La lingua francese è anche stata usata nell’ambito del sistema giuridico inglese fino al 1733.

Il processo per cui il francese iniziò a imporsi come lingua stabilmente riconosciuta a livello internazionale cominciò nel 1634, quando il cardinale Richelieu diede vita all’Académie française. Richelieu la creò con l’intento di standardizzare e controllare l’eloquio e la scrittura. (Si tratta di un’istituzione che continua a promuovere e a regolare l’uso di parole specifiche anche ai giorni nostri, come logiciel per indicare il software e ordinateur per indicare il computer).

Nel diciottesimo secolo, il francese classico soppiantò il latino nei trattati internazionali, a partire dal Trattato di pace di Rasstatt (1714), che segnò la fine della guerra di successione spagnola. Fu questo il debutto del francese come lingua diplomatica.

Da questo momento in poi, venne parlato nella maggior parte delle corti europee e guadagnò prestigio dal punto di vista culturale grazie a filosofi e pensatori: l’Enciclopedia di Diderot, le invettive di Voltaire contro la Chiesa e la sua difesa della libertà di parola, la convinzione di Condorcet che l’uomo fosse perfettibile — l’Illuminismo iniziò in Francia e si diffuse in Europa.

Quando scoppiò la Rivoluzione francese, il francese non aveva solo grande prestigio dal punto di vista culturale: stava per conquistare l’Europa per mezzo del potere militare. E paradossalmente, il francese non era l’unica lingua parlata in Francia a quel tempo. Si stima che nel tardo diciottesimo secolo, dei 28 milioni di persone che abitavano in Francia, 6 milioni non capivano il francese e altre 6 milioni non sapevano parlarlo.

Quando Napoleone divenne imperatore e l’Impero francese si estese in Europa, il Codice napoleonico portò la legge francese in Europa e nel mondo, insieme alla necessità di radicare la lingua francese su tutta la Francia e i suoi cittadini, un obiettivo che fu gradualmente raggiunto. Incredibilmente, ai tempi della Rivoluzione francese, il 75% dei cittadini francesi non era lingua madre francese e la lingua francese era parlata più diffusamente nei Paesi Bassi e in Germania che in Francia.

In seguito filosofi tedeschi, da Kant a Hegel, e filosofi inglesi come Burke tentarono di cogliere il senso dei valori francesi, dell’Illuminismo, della rivoluzione e del fervore napoleonico. Gli europei furono costantemente costretti a rispondere al richiamo, alla cultura, alla visione del mondo e alla lingua francesi.

Anche il Congresso di Vienna (1815), un tentativo di fare marcia indietro rispetto al fervore dei valori progressisti e di porre fine ai conflitti napoleonici dopo la Rivoluzione, utilizzò il francese come lingua franca.

La Francia aveva già conquistato dei territori all’estero — come il Canada, la Louisiana, alcune isole delle Indie Occidentali e parti dell’India — ma finì per perdere il Canada a vantaggio degli inglesi e per vendere la Louisiana agli americani ad opera di Napoleone; entrambe le mosse servirono a finanziare le sue guerre e a rimanere in rapporti amichevoli con gli Stati Uniti, aiutandoli a crescere per controbilanciare l’influenza degli inglesi in Europa.

Il prestigio della lingua francese nel diciannovesimo secolo portò persino alla sua adozione da parte dei diplomatici ottomani e la Francia, nel 1914, arrivò a vantare un impero di oltre 10 milioni di kilometri quadrati e con oltre 60 milioni di persone.

Due lingue competono per il dominio

Tuttavia, è proprio nel diciottesimo e diciannovesimo secolo che la lingua inglese divenne più influente. Il primo sconvolgimento avvenne con la Rivoluzione industriale, iniziata in Gran Bretagna nel diciottesimo secolo.

Il paese avanzava più rapidamente in campo scientifico, inventando nuove tecnologie e nuove parole per nuovi concetti: chiunque fosse interessato a seguire questi sviluppi doveva necessariamente imparare l’inglese. Persino la moderna scienza newtoniana del tardo diciassettesimo secolo e del primo diciottesimo secolo era in inglese, cosa che Voltaire sapeva molto bene, dato che rese popolare il lavoro di Newton in Francia tramite i suoi scritti.

Estendendo il suo potere e la sua influenza in tutti gli angoli del mondo, creando università e stabilendo basi commerciali, l’Impero britannico minò la potenza culturale del francese. Nel diciannovesimo secolo, l’Impero britannico era una superpotenza a livello mondiale e si estendeva dall’India all’Australia, alle Indie Occidentali, alla Guyana britannica in Sudamerica, a diversi paesi in Africa, a territori nel Sud-est asiatico e nel Medio Oriente.

La Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che ora avevano conquistato l’indipendenza, erano anglofone ed erano le economie più produttive e con il ritmo di crescita maggiore al mondo; l’influenza del loro popolo era senza rivali. In base a voci non confermate, Otto von Bismarck una volta avrebbe affermato che gli Stati Uniti, in qualità di nazione in cui si parla inglese, erano stati l’accadimento politico più importante dei tempi moderni.

Il francese era di certo la lingua parlata nelle corti d’Europa, fino alla Russia; era il linguaggio della nobiltà, inclusa Caterina II, che lo usava nella sua corrispondenza e per comunicare nella vita di tutti i giorni. L’inglese, tuttavia, era la lingua dei soldi e i soldi erano più forti della filosofia. In epoca vittoriana, la City di Londra era il cuore finanziario del mondo e gran parte delle sue attività commerciali si rivolgevano al mercato estero e d’oltreoceano, non al mercato locale.

Forse non sorprenderà sapere che il colpo di grazia al francese come lingua franca non fu inferto dall’Inghilterra, ma dalla sua ex-colonia nordamericana.

L’inglese diventa lingua franca globale

Dopo la Seconda guerra mondiale e il Trattato di Versailles, l’Impero britannico raggiunse il suo apice, ma il suo destino mutò in maniera radicale dopo il secondo conflitto mondiale. L’Europa era in rovine e l’Inghilterra in bancarotta; nel frattempo gli Stati Uniti e le armate sovietiche avevano di fatto il controllo del continente.

Nei decenni successivi, lo scontro non fu più tra l’inglese e il francese, ma tra il russo e le lingue degli Alleati occidentali. La forza tecnologica e militare americana contribuì a esercitare anche una forma di soft power e l’inglese continuò a guadagnare rilevanza nel mondo. La lingua, però, iniziò a esercitare davvero il suo potere dopo la caduta dell’Unione Sovietica.

Il linguista David Crystal ha affermato di aver iniziato a dare lezioni sull’inglese globale solo negli anni ’80 e che i libri su questo argomento cominciarono a moltiplicarsi verso la fine degli anni ’90.

Ma quale inglese?

L’influenza dell’inglese a livello globale è aumentata solo a partire dall’inizio del terzo millennio. Grazie al loro status di colosso economico globale, gli Stati Uniti esportano la propria cultura — dalla musica pop alle serie TV passando ovviamente per il cinema e molto altro — in (quasi) tutto il mondo.

Ciò fa pensare ad un unico futuro possibile per l’inglese: diventerà americano, sia nei modi di esprimersi che nella grafia. Sta già avvenendo in Inghilterra, dove parole come “kids” e “cool” hanno ufficialmente fatto ingresso nel vocabolario.

Lo spelling americano sta soppiantando quello britannico (“encyclopedia” invece del britannico “encyclopaedia”), la pronuncia sta mutando (lo “sch” in “schedule” spesso pronunciato come “sk” invece che come “sc” della parola italiana “pesce”) e anche la grammatica sta cedendo, con il declino dell’uso del present perfect (il britannico “I’ve just eaten” sostituito dall’americano “I just ate”). Tutto ciò fa parte di quel fenomeno che l’autore Arthur E. Rowse descrive come “Amglish” o “Inglese in blue jeans”!

C’è però un altro esito possibile: la coesistenza di tante varietà d’inglese diverse in diversi contesti, culture e regioni del mondo con un inglese di base comune. Nel loro insieme andranno a costituire un linguaggio universale.

Autori come Robert McCrum descrivono questo inglese alla conquista del mondo come “globish” e accademici come Jennifer Jenkins parlano di un inglese che deve essere domato e adattato per consentire una comunicazione fluida tra culture differenti, senza più privilegiare le persone madrelingua e i loro modi di esprimersi.

L’inglese ha l’ultima parola. O forse no?

Quindi l’inglese domina il mondo. Ciò significa, dunque, che il francese non ha più valore dal punto di vista culturale? Ovviamente no: le generazioni più recenti e influenti di filosofi e pensatori europei vengono dalla Francia. Sartre, Foucault, Derrida, Deleuze, de Beauvoir, Bourdieu, Badiou, Baudrillard e i loro contemporanei hanno dominato il dibattito intellettuale in Occidente a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo.

Il controllo del francese da parte dell’Académie Française ne promuove l’omogeneità e la continuità. Si tratta di una lingua ancora potente abbastanza da essere adottata ufficialmente in 29 nazioni indipendenti in Europa, nelle Americhe, in Africa e nel Pacifico. Viene parlata da 79 milioni di madrelingua e da 370 milioni di non madrelingua. La Francia è una delle prime sei potenze militari al mondo, una delle prime sei economie e il paese più visitato del pianeta. Il suo contributo alla cultura mondiale è immenso, dalla moda alla letteratura fino all’architettura e alla cucina.

Nonostante ciò, l’inglese vince di gran lunga, essendo la lingua più parlata del mondo: dato che viene parlato da 375 milioni di madrelingua e da 1,5 miliardi di non madrelingua in tutto il pianeta. Alcune stime mostrano che, al momento, circa 1 miliardo di persone stanno imparando l’inglese. E maggiore è il numero dei paesi che includono l’inglese come seconda lingua all’interno del proprio sistema educativo, più l’inglese resisterà come lingua franca. Dunque pare che l’inglese risponda perfettamente ai criteri stabiliti da David Crystal per definire una lingua franca, avendo acquisito uno status speciale in più di 70 paesi (inclusi Ghana, Nigeria, India e Singapore, oltre a molti altri).

La domanda sorge dunque spontanea: avendo conquistato il mondo, l’inglese sta perdendo le sue radici? Si tratta di una vittoria di Pirro o di un vero trionfo? È difficile dire cos’ha in serbo il futuro. Qualsiasi cosa accada, non ci sono mai state così tante persone al mondo che parlano la stessa lingua e che sono costantemente connesse grazie alla tecnologia. Forse è il momento per i madrelingua di lasciare da parte il prescrittivismo, cioè la tendenza a stabilire regole rigide per il corretto utilizzo di una lingua, e di accogliere il delirante caos linguistico globale che hanno provocato.

La lingua inglese come lingua franca è cittadina del mondo, viaggia liberamente senza passaporto e risiede in ogni luogo, ignorando confini e agevolando la comunicazione. Non sarebbe bellissimo se anche il mondo prendesse esempio?

📸 by G20 Argentina | Flickr | CC BY 2.0

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