Vi sarà sicuramente capitato di sentire studenti alle prese con lo studio della lingua italiana esordire con la famosa frase “l’italiano è facilissimo, si legge come si scrive!”. In effetti, l’italiano sembra non seguire particolari regole di proncuncia, a differenza dell’inglese o del francese che necessitano di interi corsi di studio solo per poter prununciare parole inglesi come “anxiety” ([æŋˈzaɪɪti], lett. angsaieti) o francesi come “chien” ([ʃjɛ̃], lett. scià). Ma è davvero così? La pronuncia dell’italiano non nasconde nemmeno un’insidia?
All’inizio mi sentivo quasi privilegiata per la poca fatica nel portarmi a casa votoni su votoni alle verifiche di dettato in italiano, ma dopo studi pluriennali di lingua, linguistica, glottologia e didattica della lingua italiana, posso affermare che no, l’italiano NON sempre si legge come si scrive. Diverse regole fonetiche e fonologiche, che a volte traggono in inganno anche gli studenti più ferrati, regolano la pronuncia di questa bellissima lingua.
La pronuncia dell’italiano: le basi
Il contesto della parola
L’uso di una lingua richiede la capacità di controllare la posizione dei muscoli della bocca, come vengono pronunciate e lette le parole e come la nostra lingua madre influenza la riproduzione di precisi foni.
Individuare i diversi foni della lingua italiana è indispensabile, perché un suono messo al posto di un altro non solo può mutare il significato di una parola, ma anche di una intera frase. Un singolo suono, che determina il significato di una parola, si dice distintivo, perché può differenziare una parola da un’altra, e due parole che si distinguono per un solo suono formano una coppia minima, per esempio cane e pane.
Nel precisare le caratteristiche fonetiche dei vari segmenti il contesto gioca un ruolo importante. In italiano, la vicinanza di un fono ad un altro ci permette di capire se una determinata parola si legge come si scrive o meno. E fin qui tutto facile, no?
(Leggi anche: Le parole italiane che state pronunciando male senza saperlo)
Il ruolo di accento e vocali nella pronuncia in italiano
Un altro importante fattore da tener presente per capire se in italiano una parola si legge come si scrive è l’accento, ovvero il rilievo di una sillaba rispetto ad altre in una parola. Una sillaba può essere considerata saliente rispetto ad altre grazie alla maggiore durata, la maggiore intensità e la maggiore altezza tonale.
Questi tre correlati fonetici si manifestano in italiano prevalentemente sulle vocali, per cui si parla più comunemente di vocali accentate piuttosto che di consonanti accentate. La differenza tra sillabe accentate e atone è dovuta in primo luogo alla durata mentre le altre due caratteristiche sono secondarie (in giapponese per esempio, l’accento è detto musicale).
Per quanto riguarda la posizione dell’accento, alle lingue ad accento fisso si contrappongono le lingue ad accento mobile. Se l’accento ha una posizione fissa, non può avere una funzione distintiva, mentre nelle lingue in cui è libero, come nell’italiano, è possibile che alcune parole si differenzino solo per la posizione dell’accento.
Ecco perché ancora è spesso letto come ancora… ma in che senso? Nel senso che essendo queste parole omografe si differenziano solo per la posizione dell’accento. Può succedere che le parole omografe si differenzino anche per il grado di apertura o chiusura della vocale e, come detto prima, per il contesto:
- Ho vénti anni e alle vénti gioca la Juve (e chiusa) – Soffiano molti vènti sul mare del Nord (e aperta).
- Riempi questa bótte (o chiusa) – Mi hanno dato tante bòtte (o aperta).
- Levate l’àncora (a aperta) – Ho ancóra fame (a chiusa).
Le regole di pronuncia in italiano
Ora che abbiamo spiegato come contesto, accento e vocali sono fattori fondamentali per capire se in italiano ci troviamo davanti a parole che si leggono come si scrivono arriviamo a degli esempi più concreti in cui l’ortografia non rivela la differenza di pronuncia.
Il gruppo GL
Le consonanti gl seguite dalla vocale i indicano un unico suono /ʎ/ palatale: gli, aglio, foglio, fermaglio. Però ci sono parole in cui gl rappresenta due suoni distinti di g e l anche se dopo c’è una i: glicerina, negligenza, geroglifico.
(Leggi anche: L’italiano standard è davvero la lingua che parliamo?)
S e Z sorde e sonore
Nello scritto non è possibile distinguere la s sorda di sabato dalla s sonora di sdolcinato, e tantomeno la z sorda di zanzare dalla z sonora di zolfo.
Nella pronuncia in italiano standard, la z fra due vocali, sia sorda sia sonora, viene pronunciata come se fosse doppia, anche quando l’ortografia prescrive la presenza di una sola z. Parole come oziare, colazione, fazione, manifestazione devono essere pronunciate come se fossero scritte con una doppia z.
Una vocale problematica
Nella pronuncia in italiano standard, la i non accentata che segue una c e una g (arancia, cielo, igiene…) o i gruppi sc (sciogliere, coscienza…) e gn (disegniamo, bagniamo…) è sempre muta.
Altre accortezze generiche di pronuncia
In linea generale, se volete cimentarvi nello studio della lingua italiana diversi accorgimenti variano da lingua madre a lingua madre.
Le persone germanofone dovranno cercare di pronunciare in modo preciso la lettera e spalancando bene la bocca, allenandosi con parole che iniziano con questa vocale come: “Eeeeeeecco!”.
Le persone ispanofone nel parlare italiano dovranno lavorare molto sulla resa della b e della v, “Va bene” e non “Ba bene“, e sulla caduta della vocale e all’inizio delle parole che cominciano con la consonante s, “scusa” e non “escusa“.
(Leggi anche: Quanto tempo ci vuole per imparare una lingua?)
Le persone anglofone dovranno sforzarsi ad articolare le doppie e pronunciare tutte le lettere… dopotutto, non si diceva che l’italiano si legge come si scrive?
Se poi volessimo proprio toglierci ogni dubbio, sarà sufficiente consultare i dizionari online di pronuncia o, ancora meglio, iscriversi a Babbel!