Quando Nina Simone scrisse e registrò la canzone Four Women, uno straziante atto di accusa nei confronti del retaggio della schiavitù, diede voce a generazioni di donne afro-americane che avevano subito ingiustizie e abusi. Nel ventesimo secolo, donne coraggiose come Simone si sono rifiutate di mantenere un “silenzio decoroso”, si sono fatte sentire e hanno incoraggiato altre persone a trovare la propria voce: stiamo parlando di pioniere e scrittrici contemporanee come Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Monique Wittig, Maya Angelou, bell hooks e Nawal El-Saadawi, solo per nominarne alcune.
Ho ereditato una passione per la letteratura da mia madre. Tutti i libri a casa nostra, stipati nelle librerie e impilati su pavimenti e comodini, erano suoi. Spesso leggeva per me. Amavo ascoltare la sua voce. Attraverso la lettura, non mi ha insegnato solo la sua “lingua madre”, ma anche che “le parole creano il mondo”: chi eccelle nella scrittura ha il potere di plasmare il mondo attorno a sé, a volte inventando un nuovo linguaggio, a volte ispirando gli altri.
I libri mi legano a mia madre ancora oggi: ce li scambiamo, discutiamo di chi li ha scritti e, quando leggo certe autrici, spesso sento un legame più originale, impellente e, soprattutto, politico con il linguaggio. Per celebrare la Giornata internazionale dei diritti della donna, ho deciso di prendere in esame quattro di queste scrittrici.
La storia di 4 scrittrici contemporanee che tutti dovrebbero conoscere
1. Clarice Lispector
Quando, a 23 anni, Clarice Lispector (1920-1977) ha pubblicato Vicino al cuore selvaggio (Adelphi), il poeta Lêdo Ivo è arrivato a definirlo “il più grande romanzo mai scritto da una donna in lingua portoghese”. Vicino al cuore selvaggio contiene la descrizione esplosiva, in un flusso di coscienza, della vita interiore di una donna che ai tempi stupì i conterranei dell’autrice. Le riflessioni su Joana, la protagonista, sono poetiche, visionarie, a volte difficili da afferrare. L’autrice sfida convenzioni e aspettative, persino le proprie.
Nel 1944, il libro ha vinto il prestigioso Prêmio Graça Aranha. Lispector ha continuato a scrivere molti altri romanzi, articoli e racconti acclamati, incluso La passione secondo G.H. (1964, Feltrinelli), che descrive l’esperienza estatica di una donna di fronte alla morte di uno scarafaggio e Acqua viva (1973, Adelphi), un collage di riflessioni spontanee:
“Mi ricostruisco in queste righe. Ho una voce. Come mi getto nel tratto del mio disegno, questo è un esercizio di vita privo di pianificazione. Il mondo non ha ordine visibile e io ho solo l’ordine del respiro. Mi lascio accadere”.
Il critico Sergo Millet ha affermato che Clarice Lispector “penetra in profondità la complessità psicologica dell’anima moderna”. Tra tutte le scrittrici contemporanee, Lispector ha indagato più volte la connessione tra linguaggio e coscienza e ha esplorato senza timore cosa significa vivere nel corpo di una donna. Può essere indubbiamente annoverata tra i più grandi scrittori del ventesimo secolo: il suo traduttore americano e biografo, Benjamin Moser, la descrive come la scrittrice ebrea più importante dai tempi di Kafka. L’autrice Hélène Cixous ha scritto:
“Clarice è il nome di una donna capace di chiamare la vita con tutti i suoi nomi caldi e freddi. E la vita arriva. Lei dice: io sono. E, in quell’istante, Clarice è. Clarice è interamente nell’istante in cui si dona all’essere, viva, infinita, illimitata…”.
2. Hélène Cixous
La scrittrice franco-algerina Hélène Cixous (1937) è considerata una delle madri del femminismo post-strutturalista nonché una delle più autorevoli scrittrici contemporanee. Il filosofo Jacques Derrida, che condivideva il suo retaggio ebraico-algerino e con cui ha collaborato in maniera stretta, ne ha parlato come della più grande scrittrice vivente in lingua francese. Ha pubblicato più di 70 opere, inclusi 23 volumi di poesie, sei volumi di saggi, cinque opere teatrali e innumerevoli articoli. È stata cofondatrice dell’Università di Parigi 8 e ha fondato il primo dipartimento di Studi sulle donne in Europa.
Ad ogni modo, Cixous non è solo una scrittrice prolifica, ma si impegna a spingere il linguaggio oltre i suoi limiti più estremi, a rompere le regole e a inseguire l’inafferrabile attimo presente. Cixous è una poliglotta, che scrive in diverse lingue; nella lezione tenuta nel 2016, I say Allemagne, ha affermato che “Quando si impara una nuova lingua, si guadagna in umanità”. Cixous ribalta la pratica secolare di definire le donne in base alle loro mancanze e sfida sia sé stessa che gli altri a ridefinirsi attraverso l’unicità dei loro corpi e delle loro biografie. Nel suo saggio più famoso, Il riso della Medusa (1975), spiega:
“Quando scrivo, è tutto ciò che non sappiamo di poter essere che viene scritto di me, senza esclusioni, senza previsioni, e tutto ciò che saremo ci richiama all’instancabile, inebriante, implacabile ricerca d’amore. Mai mancheremo a noi stesse”.
Questo saggio è una dichiarazione d’amore appassionata e provocatoria nei confronti degli scritti delle donne all’insegna dell’emancipazione e della trasgressione. Scrivendo se stessa, Cixous dimostra che il linguaggio può essere utilizzato per rivendicare la libertà e il futuro che alle donne sono stati a lungo negati.
Illustrazione di Aura Lewis, per gentile concessione della Bright Agency.
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3. Audre Lorde
Il lavoro di Audre Lorde (1934-1992) è pervaso dalla stessa forza di quello di Hélène Cixous: ha sostenuto che l’erotismo femminile, represso e sminuito dalla società occidentale e bianca, sia una fonte di emancipazione:
“Riconoscere il potere dell’erotismo nelle nostre vite può darci l’energia di perseguire un genuino cambiamento nel nostro mondo… non solo entriamo in contatto con la nostra fonte più profondamente creativa, ma facciamo qualcosa di femminile e assertivo a dispetto di una società razzista, patriarcale e anti-erotica”.
Nata a New York da genitori delle Indie Occidentali, Lorde si definiva “nera, lesbica, madre, guerriera, poeta” e ha scritto e recitato poesie fin da quando era giovane. Fu una femminista, insegnante, bibliotecaria e attivista e i suoi scritti parlano dell’esperienza della marginalizzazione e della privazione dei diritti civili. È certamente una delle scrittrici contemporanee che più ha influenzato il movimento delle donne nere, senza risparmiare critiche alla supremazia bianca all’interno del movimento femminista mainstream. Nei suoi scritti ha esplorato la sua identità e, allo stesso tempo, ha evidenziato la complessa intersezione tra genere, razza, classe e sessualità.
Ha sostenuto le donne di Cuba e del Sud-Africa dell’apartheid e ha lavorato come professoressa invitata presso la Freie Universität di Berlino, in Germania, dove ha contribuito a coniare il termine Afro-Deutsche (“afro-tedeschi o afro-tedesche”). Ciò ha dato origine al movimento nero in Germania, dove Audre Lorde ha invitato alla resistenza attraverso il linguaggio piuttosto che con la violenza. Professoressa di inglese e poeta laureata di New York dal 1991-1992, e come tante altre scrittrici contemporanee ha sostenuto l’importanza della scrittura nel modellare il mondo in cui viviamo:
“Per le donne, dunque, la poesia non è un lusso. È una necessità vitale per la nostra esistenza. Forma la qualità della luce dentro la quale affermiamo le nostre speranze e i nostri sogni di sopravvivenza e cambiamento, che si traducono dapprima in linguaggio, poi in idee e, infine, in azioni più tangibili”.
La sua opera (che è disponibilie in Italia nell’antologia D’amore e di lotta. Poesie scelte.) è piena di forza, rabbia, rivoluzione e cambiamento. È la riflessione di una donna che ha cercato di “prendere le nostre differenze e renderle punti di forza” e che si è rifiutata di rimanere in silenzio quando è stata testimone di ingiustizie.
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4. Joumana Haddad
Un’altra autrice che si rifiuta di rimanere in silenzio è Joumana Haddad (1970), l’enfant terrible del Medio Oriente. Acclamata poetessa, giornalista, editrice e traduttrice (parla sette lingue), è la redattrice culturale di an-Nahar e ha scandalizzato il mondo arabo con la sua rivista erotica, Jasad (“Corpo”). L’autore Tahar Ben Jelloun ha scritto di lei: “La letteratura è spesso una tempesta che infrange le regole del decoro… Joumana Haddad è una poetessa che abita la tempesta”.
L’occhio di questa metaforica tempesta è Beirut, in Libano, dove è nata e ha cresciuto i suoi due figli. Haddad sfugge ai cliché occidentali sulle donne arabe, ma mette anche in discussione la percezione dominante della femminilità nel mondo arabo. Ha scoperto il marchese de Sade nella libreria di suo padre quando era giovane e descrive il suo percorso verso la libertà intellettuale nel saggio autobiografico Ho ucciso Shahrazad: Confessioni di una donna araba arrabbiata (2010, Feltrinelli).
In quest’opera, Haddad affronta temi controversi come l’erotismo femminile, le donne in politica e la religione organizzata: una critica al vetriolo nei confronti delle convinzioni proprie del mondo occidentale e anche di quello arabo. La Haddad cita proprio una delle più importanti scrittrici contemporanee menzionate in questo articolo, Hélène Cixous: “Censura il corpo e censurerai al contempo anche il respiro e la parola”. Poi prosegue:
“Perché una donna è l’unica esperta di sé e l’unica guida di se stessa. È lei l’unico riferimento per il proprio corpo, il proprio spirito e la propria essenza”.
Nella poesia Still I Rise, Maya Angelou chiede: “La mia sensualità ti disturba?”. Joumana Haddad è sensuale, non ha pudori, non scende a compromessi, non ha peli sulla lingua ed è all’altezza di questo compito: usa il linguaggio per mettere in discussione lo status quo e per reclamare uno spazio nel mondo che sia unico e che sia suo. Per lei
“leggere è uno degli strumenti di liberazione più importanti di cui qualsiasi essere umano, e una donna araba contemporanea in particolare, si possa servire”.
Oggi, in tutti i continenti, le donne leggono altre donne e riscrivono il mondo.
📸 by Fernando Frazão/Agência Brasil | CC BY 3.0 BR
Questo articolo è apparso originariamente nell’edizione inglese di Babbel Magazine.