Se siete studenti di spagnolo, con ogni probabilità già sapete come presentarvi, e magari conoscete anche queste espressioni utili per la vita di tutti i giorni. Se invece siete futuri studenti di spagnolo, sono certa che, insieme a qualche regola base di grammatica, anche voi partirete proprio da presentazioni e frasi utili (e fate bene). Una parte che però molti tendono a trascurare è quella che riguarda il vasto mondo dei proverbi (spagnoli e non). Spesso infatti, nell’apprendimento di una lingua, i proverbi si considerano un semplice elemento accessorio e vengono sacrificati per dare priorità ad altri aspetti che sembrano sempre essere più urgenti. Grosso errore! Magari, questo è vero, i proverbi non si utilizzano esattamente in ogni discorso, ma – almeno i più diffusi – vanno saputi, prima di poter dire di conoscere davvero una lingua (e, non ci stancheremo mai di dirlo, la sua rispettiva cultura). Per la cronaca, comunque, non si tratta solo di una questione di principio. Se è vero che probabilmente non li sentirete ogni giorno, è anche vero che li troverete. Li troverete eccome. Nel parlato, nello scritto, in ambienti informali, in ambienti formali, sui social network e chi più ne ha più ne metta. Quindi, basta chiacchiere e vediamo insieme alcuni dei più comuni e curiosi proverbi spagnoli. Spoiler: quelli elencati in questo articolo rappresentano meno dello 0,5% di tutti quelli che esistono. Ma da qualcosa bisogna pur cominciare.
Más vale pájaro en mano que ciento volando
Questo proverbio può essere tradotto letteralmente come “meglio un uccello tra le mani che cento che volano”. In pratica: meglio poco ma sicuro, che tanto ma incerto. Nonostante il succo del discorso sia abbastanza semplice da cogliere, in italiano non esiste un proverbio simile. Tuttalpiù, possiamo rilanciare con un “meglio pochi ma buoni”, che ha però una sfumatura leggermente diversa perché sottolinea l’importanza della “qualità” (e non della “sicurezza”) di ciò che si possiede.
En casa del herrero, cuchillo de palo
El herrero in spagnolo è il fabbro, mentre cuchillo de palo può essere tradotto come “coltello di legno”. Questo fabbro che a casa sua utilizza coltelli di legno, è un po’ come il nostro “calzolaio che va con le scarpe rotte”: qualcuno che ha proprio le pecche che meno ti aspetteresti, dato il suo lavoro e il suo entourage.
Quien a buen árbol se arrima, buena sombra le cobija
“Chi si appoggia a un buon albero, viene coperto da una buona ombra“. Sì, è un altro dei tanti proverbi spagnoli che tradotti in italiano suonano piuttosto male. Ad ogni modo, questa “buona ombra” indica i vantaggi e i favoritismi che ottiene chi si trova “sotto l’ala protettrice” (bajo el ala protectora) di persone influenti e di potere; quelle che noi chiamiamo “pezzi grossi” e che gli spagnoli chiamano peces gordos (ovvero “pesci grassi”, giusto perché italiano e spagnolo sono lingue sorelle ma non gemelle. Ma di questo, più avanti nell’articolo, ne parleremo meglio).
El que se pica, ajos come
Picarse significa offendersi/arrabbiarsi, mentre comer ajos significa mangiare aglio. Insomma, se qualcuno si sente chiamato in causa, qualcosa avrà fatto: chi se la prende, è perché ha mangiato aglio! Molto più fine il nostro “avere la coda di paglia”, non trovate? È, comunque, piuttosto fine anche il gioco di parole della versione spagnola, perché picar vuol dire anche “piccare” e fa quindi anche riferimento al forte sapore dell’aglio.
Cría cuervos y te sacarán los ojos
“Uno si prende cura dei corvi e poi gli strappano gli occhi”. È uno dei tanti proverbi spagnoli un po’ crudi e si riferisce a tutti coloro che “si fanno in quattro” per persone che non se lo meritano e poi, in cambio, ottengono solo “pugnalate” (dai, che anche la lingua italiana di immagini metaforiche ne ha a volontà 😅).
Un significato simile è quello di no se hizo la miel para la boca del asno (lett. “il miele non è fatto per la bocca dell’asino”). Si tratta di uno dei proverbi spagnoli più conosciuti e ricorrenti del celeberrimo Don Quijote di Miguel de Cervantes. Nel capolavoro cervantino, infatti, possiamo trovare questo refrán diverse volte, ma il passaggio più famoso è quello in cui Teresa si permette di chiedere spiegazioni a Sancho Panza riguardo all’isola che gli è stata promessa e Sancho, per evitare di ingarbugliarsi in spiegazioni che non sa e non può darle, le dice semplicemente: No es la miel para la boca del asno, a su tiempo lo verás, mujer. Non dimentichiamo, tra l’altro, che contribuisce all’ironia di questo passaggio e di questo proverbio anche il fatto che il fedele compagno di Sancho sia proprio un asino. Oggi, circa quattro secoli dopo, questo è uno dei tanti proverbi spagnoli e cervantini ancora molto utilizzati. Si usa, però, in modo decisamente meno poetico e altisonante ed è praticamente assimilabile al nostro “è come dare perle ai porci”.
Sorelle ma non gemelle
Studenti e studiosi considerano l’italiano e lo spagnolo due lingue sorelle, cugine, cognate, amiche, false amiche… Sì insomma, di tutto e di più. C’è chi preferisce porre l’accento sulla loro somiglianza e chi, invece, sulle insidie che questa somiglianza può causare. In pratica, vi faccio un riassunto tratto dalla mia personale esperienza: la verità sta nel mezzo. Sì, ci sono affinità innegabili. No, non basta aggiungere la s. Da questo infinito dibattito ci si passa anche quando si parla di proverbi (ve l’ho detto che non sono un aspetto trascurabile). Ecco alcuni proverbi spagnoli che assomigliano molto all’italiano ma che, ahinoi, non sono esattamente uguali: a caballo regalado no le mires en el diente (il nostro “a caval donato non si guarda in bocca”), más vale tarde que nunca (“meglio tardi che mai”), ojos que no ven, corazón que no siente (“occhio non vede, cuore non duole”).
En todas partes cuecen habas ricorda invece l’italiano “tutto il mondo è paese”. Infatti, se in spagnolo si dice che “ovunque si cuociono fave”, lo si fa per indicare che un po’ in tutto il mondo, in fin dei conti, si trovano sempre gli stessi difetti e problemi.
Infine, molto simile a “Roma non è stata costruita in un giorno” è no se ganó Zamora en una hora (lett. “non si conquistò Zamora in un’ora”). Zamora, infatti, è una città spagnola della Comunità Autonoma di Castilla y León che nel 1072 venne posta sotto assedio da Sancho el Fuerte per sette lunghi mesi. Quindi, oltre a rimare alla perfezione, rende bene anche l’idea, siete d’accordo? Ma a proposito di Sancho… Anche questo è uno dei tanti proverbi spagnoli presenti nel Quijote. A pronunciarlo è il protagonista, che per tirare su di morale Sancho Panza, gli dice: Será bien dar tiempo al tiempo, no se ganó Zamora en una hora, suggerendogli quindi anche di “dare tempo al tempo”.