60 anni di Zecchino d’Oro (e del mondo intorno)

Lo Zecchino d’Oro compie 60 anni. Abbiamo ri-ascoltato alcune delle canzoni più (ma anche meno) note della rassegna, per capire cosa raccontano del loro tempo. Dal Torero Camomillo a Tutanc’mon.
Zecchino d'Oro

Era il 1959. E tutti gli adulti avevano ancora negli occhi, e nelle orecchie, la seconda guerra mondiale. Anche Felice Tortorella, detto Cino, nato a Ventimiglia – terra di confine – il 27 giugno 1927.
Quel 25 aprile della Liberazione lui era un ragazzo, orfano di padre, che stava per compiere 18 anni.
Poi s’iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano. Non portò avanti gli studi: alla laurea preferì il teatro; e sul palco si trasformò in Zurlì, il mago Lipperlì. Infine sbarcò in televisione: e Zurlì, sullo schermo, diventò il Mago del giovedì. È il 1957: e l’inserimento nel palinsesto fu deciso da Umberto Eco, che allora era una delle menti pensanti e organizzanti della RAI (… tempi lontani).
Due anni dopo ebbe un’idea: creare una sorta di Festival di Sanremo, ma per i più bambini.

Nacque così lo Zecchino d’Oro. La prima puntata andò in onda il 24 settembre 1959.

In Italia al governo c’era Antonio Segni; il suo mandato durerà poco più di un anno (… alcune cose non cambiano, nonostante i decenni). A Camp David, il presidente americano Eisenhower incontrava il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Chruščëv: era la prima volta che le due superpotenze si incontravano intorno allo stesso tavolo, dopo la fine della seconda guerra mondiale.

60 anni esatti dopo, guardando indietro, cosa ci racconta lo Zecchino d’Oro dei decenni che ha attraversato? Fu uno specchio (ad altezza bimbo) dei tempi? O una bolla separata, un altrove immutabile, una piccola isola felice in cui il rumore dell’attualità giungeva solo come da lontano, da lontanissimo, da un altro mondo?

In assenza di una risposta univoca, qui di seguito vi accompagno – se vi va – in un viaggio attraverso i decenni, dagli anni Sessanta ai giorni nostri. Per ogni decennio un brano dello Zecchino d’Oro (più o meno), in dialogo con lo “spirito dei tempi”.

Avvertenza per gli storici, i sociologi e gli studiosi del costume: si tratta di un giochino eh!

Gli anni Sessanta – Un torero non-violento

Il movimento hippy, la voglia di pace e l’estate dell’amore del 1967, il Vietnam, la primavera calda del Sessantotto, i Beatles e i Rolling Stones. Il sogno di Marthin Luther King e il suo assassinio. La non-violenza, Charles Manson.

Non so se ci sia un altro decennio, nella storia recente del mondo, in cui i paradossi, le contraddizioni, i sogni e gli incubi del genere umano si siano manifestati in maniera così intrecciata.

Le contraddizioni che attraversano il personaggio di Camomillo, anomalo torero, paiono molto meno laceranti. Ma ci sono, eccome se ci sono. Il nostro infatti è un matador, un ammazzatore di tori… o, perlomeno, dovrebbe esserlo. Ma non lo è: perché è tranquillo; e invece che scontrarsi all’ultimo sangue con la povera bestia, preferisce dormirgli sulla schiena, con reciproco diletto pacifico e pacifista.

Torero Camomillo
Se il toro ti è vicino 
Tu schiacci un pisolino
E non ci pensi più
Olé olé, olè olè olè

(Da “Torero Camomillo”, Zecchino d’Oro 1968)

Gli anni Settanta – compromessi più o meno storici

Correva l’anno 1970, e lo Zecchino d’Oro stava per chiudere.
Non si trattò di un calo di popolarità; quella era sempre stata altissima. Fu una commissione di esperti in pedagogia e psicologia infantile, interna alla RAI, a lanciare l’atto di accusa. Il concorso canoro, per com’era strutturato, era deleterio per i bambini, non aveva nessun valore formativo, favoriva “fenomeni di divismo” assai precoce. Quindi: doveva chiudere.

Partirono le trattative.

Si arrivò a un compromesso: via i solisti-bimbi-star, le canzoni sarebbero state cantate quasi interamente dal Piccolo Coro dell’Antoniano (che partecipava alla rassegna fin dal 1963). Tutto nell’ottica del “concetto di coralità”.

Dopo il compromesso tutto poté riprendere regolare, a partire dall’edizione successiva, quella del 1971.

Dubito fortemente che Enrico Berlinguer, eletto segretario generale del Partito Comunista Italiano l’anno successivo, venne ispirato da tutto questo. Ma le vie dell’inconscio (anche di quello collettivo) sono infinite e insondabili. Fatto sta che la sua prima enunciazione del concetto di “compromesso storico”, ovvero dell’avvicinamento tra il PCI e la Democrazia Cristiana, risale al 1973, e si concretizzerà con la celebre stretta di mano tra lui e il democristiano Aldo Moro in quella foto scattata il 28 giugno 1977.

Avete parlato di affari,
di mobili e di denari,
e senza scenate furiose
avete diviso le cose
avete divise le cose, però…
io con chi sto?

(Da “Io con chi sto?” Canzone presentata all’edizione del 1973 dello Zecchino d’Oro, cantata da Ornella Baselice, in una struggente interpretazione…. senza coro)

Gli anni Ottanta – A Goldrake facciamo Marameo

Le televisioni commerciali, l’America in TV, nei bomber dei paninari, nella prima versione di Microsoft Windows (Windows 1.0, del 1985).

L’Italia sembra guardare lì: il futuro, il sol dell’avvenire, arriva da quella parte dell’Oceano Atlantico. E se poi si scavalca l’America, e si solca il Pacifico, c’è il Giappone: un altro quasi-mitico altrove da cui iniziano a giungere, come roboanti messaggi in bottiglia, quei primi stravaganti, violenti ed entusiasmanti cartoni animati.

Stiamo diventando l’America? Il Giappone è sempre più vicino? Anche l’Italia ha fatto l’ingresso tra le grandi nazioni, tra i grandi paesi del mondo? O forse rimaniamo ancora una nazione fatta di tanti piccoli paesi?

“E riprendiamoci la nostra fantasia
Perché Mazinga ce la vuol portare via
Anche se Heidi è bella le diciamo ciao
E a Goldrake noi facciamo marameo!
Allora io con la carriola di papà
Faccio il tassista e vado qua e vado là…
Ad ogni amico faccio fare un bel giretto
Così mi stanco, mangio tanto e vado a letto…”

(Da “Riprendiamoci la nostra fantasia”, Zecchino d’Oro 1985)

Gli anni Novanta – Gioia? Noia?

La festa è finita. E magari nemmeno era questa gran festa. Cosa resterà di questi anni Ottanta? Si chiede con lucidità profetica il giovane RAF dal palco del Festival di Sanremo nel 1989.
Altra domanda difficile e spinosa a cui non so rispondere.

Di sicuro, come dopo ogni festa, quando si spegne la musica, restano quelli che ne vogliono ancora, che vogliono ancora fare baldoria, e se ne stanno fuori, sul vialetto, fino a che qualche vicino non chiama le forze dell’ordine.
La gioia così si trasforma in frustrazione, in solitudine e poi in noia. E dai Duran Duran si passa al grunge dei Nirvana e soci.

Eccovi un estratto di una canzone presentata allo Zecchino d’Oro del 1991. Titolo: “Al Luna Park”. Ovvero: quella fase in cui ancora credi che la festa non sia finita. E che forse non era poi questa gran festa…

Forza bimbo vola
Forza bimba vola
Vieni al luna park!
Che emozioni provi
Quanti giochi trovi
Mille e più novità
Coi pagliacci balli
Lampioncini gialli
Brillan sulla città.
Non conosci noia
Proprio solo gioia
Con noi al luna park
.”

Una cosa molto interessante, su cui poi torno nell’ultimo paragrafo: dopo questo ritornello seguiva una strofa cantata in finlandese dalla bimba solista.

Dal duemila ad oggi – I bambini sono l’avanguardia?

L’analisi storica, si sa, ha bisogno di una certa distanza temporale per astrarre dal magma del presente delle tendenze più generali.
Sfrutterò dunque questo opinione molto condivisa per dribblare la questione “lo Zecchino d’Oro dal Duemila ad oggi” e affrontarne una laterale, e per certi versi sorprendente e sotterranea.

Forse nell’immaginario popolare (nel mio senza dubbio) la kermesse canora ha sempre avuto le sembianze di un programma nazional-popolare un poco stantio e provincialista.

Sorprende, invece, rendersi conto che non è così. E non da ieri.

Già nel lontano 1976 lo Zecchino d’Oro lanciò una sua prima versione internazionale, grazie alla collaborazione con l’UNICEF. Ad oggi hanno partecipato alla rassegna bambini di 90 nazioni diverse del mondo.

Nel 2015, nel silenzio dei media (per fortuna), in concorso c’è la canzone “Tutanc’mon”, che si apre con una strofa in arabo cantata da Giuditta Meawad, 9 anni, nata a Roma, e che da grande vuole fare “la cantante e la dottoressa per curare i bambini”.

Nel 2017, Alessandro Gibilisco – 10 anni, di Ragusa, che da grande vuole fare “Il giocatore di basket o il dj” – canta “Mediterraneamente”. Il tema è quello delle migrazioni e dell’accoglienza. Profonda attualità, raccontata ad altezza bambino, certo, ma con molto coraggio, senza troppi giri di parole, senza cinismo, senza assurde paure di “buonismo”.

SOLISTA: “Prendi un foglio di carta, costruiamo una scatola 
Ci mettiamo dei banchi e un maestro di scuola 
Tanti volti diversi e linguaggi un po’ strani 
Ora tanto vicini da poterli capire
” 
TUTTI: “Pensa a questa avventura, senza più paura
SOLISTA: “Mediterraneamente guarda quanta gente
Come uccellini dentro la corrente
In questo girotondo

CORO: “Sembrano gabbiani
Anche controvento
Sanno già volare e vanno su

SOLISTA: “Più su
Poi giù,
Più giù
Di quà
Di là

TUTTI: “Senza confini su

P.S.: scusate il finale un poco smielato.
P.P.S.: scusate se mi scuso. Da adulti ci si trincera dietro il cinismo, l’ironia e tante altre cose. Va così.

Vuoi imparare una lingua?
Inizia subito un corso su Babbel
Condividi: