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Viaggio nell’Italia in minoranza: lingue che scompaiono
Un viaggio attraverso i luoghi d’Italia dove si parla ancora il walser, l’occitano, il tabarchino, l’arbëreshë, il grico. Volete partire assieme a noi?

Lingue italiane che scompaiono: il grico
Salento: terra di ulivi, orti, masserie e storie fuori dal tempo. Qui si parla ancora il grico, una lingua ha attraversato l’Adriatico assieme agli antichi messapi ed è giunta fino ai giorni nostri: oggi viene parlata e cantata in poche piccole comunità.

Lingue italiane che scompaiono: l’arbëreshë
Cinque secoli fa, l’arbëreshë è sbarcato sulla penisola italiana assieme ad alcuni profughi albanesi che fuggivano dall’avanzata ottomana. Oggi viene parlato in alcune zone del Sud Italia da circa centomila persone disseminate in una cinquantina di comunità.

Lingue italiane che scompaiono: il walser
Nel medioevo fu la lingua parlata dagli uomini più “alti” delle Alpi, capaci di spingersi dove la maggior parte della gente riteneva che abitassero solo demoni e animali più mostruosi. Attorno a quei pendii, ancora oggi si possono sentire le ultime testimonianze del walser, un fossile raro e immutato da secoli.

Lingue italiane che scompaiono: il tabarchino
Il tabarchino è una lingua che ha viaggiato per mare, che si è arricchita di contaminazioni e che oggi viene parlata solo in due centri insulari della Sardegna.

Lingue italiane che scompaiono: l’occitano
L’occitano è una lingua senza patria. O meglio, è una lingua che una patria ce l’ha da quasi un millennio, ma non è mai esistita burocraticamente o sulle carte geografiche: si chiama Occitania e si estende dai Pirenei – al confine tra Francia e Spagna – fino alle Alpi italiane.