I modi di dire sono uno degli aspetti più affascinanti di ogni lingua. Alcuni possono essere tradotti alla lettera e compresi al volo; altri invece sono impossibili da cogliere a meno che non si abbia già avuto occasione di indagarne il significato.
Quel che è certo è che i modi di dire riescono sempre ad impreziosire un discorso e molte volte evocano immagini bizzarre e al tempo stesso davvero d’effetto. Eccone alcuni tratti dal mondo della danza.
“Danzare su un vulcano”
“To lead somebody a (merry) dance” significa portare a qualcuno problemi e preoccupazioni, insomma… “Una bella gatta da pelare”! A volte però sarebbe meglio evitare di fare “a song and dance about something”, ovvero “tante storie” o – per rimanere in ambito anglofono e citare Shakespeare – “molto rumore per nulla”.
“Bailar al son que (le) tocan” corrisponde all’italiano “andare dove tira il vento”. Una traduzione inglese quasi letterale dell’espressione spagnola è “to dance to someone’s tune”, che ha però un significato leggermente diverso, e non indica chi “segue l’onda”, bensì una persona manipolata da qualcuno.
“Bailar con la más fea” (letteralmente: “ballare con la più brutta”) è un’espressione nata in Sudamerica tra gli amanti dei balli popolare e si usa quando “ci è toccato il peggio”: svolgere il compito di cui nessuno vuole occuparsi o gareggiare contro il concorrente più forte, ad esempio.
Altro modo di dire spagnolo è “bailar”, “caminar” o “andar” “en la cuerda floja” o “en el alambre” (letteralmente: “ballare” o “camminare” “sulla corda molle” o “sul fil di ferro”). In francese invece “la corda” è “rigida” (si dice infatti “danser sur une corde raide”). Entrambi i modi di dire derivano dal mondo dei circensi e corrispondono all’italiano “essere sul filo del rasoio”.
“Danser sur un volcan” vuol dire invece non essere coscienti di un pericolo imminente. L’espressione iniziò ad essere usata pochi anni dopo la rivoluzione del 1830, quando uno dei più stimati membri dell’Académie Française, Henri Salvandy, durante una festa organizzata dal duca d’Orléans, disse “Nous danson sur un volcan”. Nel 1859 anche Gustave Flaubert utilizzò questa espressione, scrivendo una lettera al politico Eugène Delattre per descrivere la sua visione riguardo all’intera umanità.
Un velo di ironia si trova nell’espressione “¡Otro que bien baila!” (letteralmente: “un altro che balla bene!”), utilizzata quando si vuole sottolineare che due persone si assomigliano in un aspetto negativo. In italiano non esiste un vero corrispettivo per questa espressione, tutt’al più capita di dire “eccone un altro!”, lasciando il resto della frase sottinteso o liberamente interpretabile.
“Che mi tolgano quello che ho ballato”
Vi siete accorti che tutti i modi di dire citati finora non indicano nulla di buono? Cambiamo registro e passiamo ad alcune traduzioni letterali di “quando il gatto non c’è, i topi ballano”: “when the cat’s away the mice will play” in inglese, “cuando no está el gato, los ratones bailan” per gli spagnoli (che dicono anche che “i topi” “hacen fiesta”, “fanno festa”), “quand le chat n’est pas là, les souris dansent” in francese e “ist die Katze aus dem Haus, tanzen die Mäuse auf dem Tisch” in tedesco.
Anche “¡Que me quiten lo bailado!” (letteralmente: “che mi tolgano quello che ho ballato”) è un detto che invita al divertimento senza eccessive preoccupazioni, una sorta di “carpe diem” spagnolo e un po’ spavaldo, da pronunciare quando il divertimento è ormai finito, ma aldilà delle conseguenze negative che iniziano ad arrivare, sappiamo che nessuno potrà toglierci le soddisfazioni già ottenute.
“Non sapere su che piede danzare”
La lingua con il maggior numero di modi di dire legati alla danza è senz’altro il francese, la lingua della danza per eccellenza. Basti pensare che lo stesso termine “danzare” deriva dal francese antico e che moltissimi nomi di passi di danza non sono stati tradotti e sono conosciuti da ballerini e ballerine di tutto il mondo nella loro versione originale.
“Avoir l’air” o “le coeur” “à la danse” o “en danse” significa essere particolarmente emozionati o di buon umore. Al contrario, un “empêcheur de danser en rond” è un “guastafeste” (noto in inglese come “killjoy”, in spagnolo come “aguafiestas” e in tedesco come “Spielverderber”). Questo modo di dire deriva molto probabilmente dai balli popolari francesi che venivano eseguiti in cerchio, e comparve per la prima volta in forma scritta nel “Dictionnaire de la langue verte” (1866) del giornalista Alfred Delvau.
“Mener la danse” corrisponde all’italiano “dirigere l’orchestra”, cioè essere il leader di un’azione collettiva. “Entrer dans la danse” o “en danse” ha il significato dell’italiano “entrare in azione” o “in ballo”, ovvero prendere parte in un secondo momento ad un’operazione già in corso. In francese esiste anche l’espressione “chef d’orchestre” (“direttore d’orchestra”) e – riferendosi alla Prima Guerra Mondiale – nel suo romanzo “Alla ricerca del tempo perduto” (1927), Marcel Proust scrisse “Il n’y a pas eu de chef d’orchestre dans cette guerre, chacun est entré dans la danse longtemps après l’autre” (citazione tradotta in italiano come “non c’è stato un direttore d’orchestra in questa guerra, ognuno è entrato in ballo molto tempo dopo l’altro”). In tedesco “essere in ballo” si dice invece “auf dem Spiel stehen”.
Infine, “danser de joie” corrisponde all’italiano “fare i salti di gioia”, “faire danser ses écus” può essere tradotto con “spendere e spandere” (l’écu era una moneta francese) e “ne savoir sur quel pied danser” indica una situazione di incertezza simile a quella a cui ci riferiamo quando, in italiano, “non sappiamo che pesci prendere”.