10 modi di dire argentini davvero unici

Espressioni idiomatiche da sapere, nel caso abbiate in programma un viaggio in Argentina.
Due ragazze su un prato mentre bevono yerba mate

Lo spagnolo varia molto a seconda dell’area in cui si parla, ed essendo una delle lingue più parlate e diffuse al mondo, non è affatto sorprendente che le sue varietà siano tantissime e ognuno di esse abbia delle peculiarità uniche. In Argentina, per esempio ci sono 45 milioni di persone che parlano spagnolo. Tra le caratteristiche più note dello spagnolo argentino c’è l’utilizzo del voseo, ma questa non è una caratteristica specifica dello spagnolo che si parla in Argentina. Certe espressioni, però, si usano solo in questo stato: ecco quali sono i modi di dire argentini più belli!

Illustrazione sull'Argentina e la tradizione culturale di bere yerba mate

Guida ai modi di dire argentini più belli

Hacete unos mates (“Fatti qualche mate”)

Per molti stranieri, il mate rappresenta un mistero. Se si effettua una ricerca su Google, compaiono risultati del tipo: Cos’è quella cosa che mangiano gli argentini, come erba bagnata in una ciotola? Il mate è una sostanza allucinogena? Il mate è un infuso amaro ottenuto dalle foglie di yerba mate che viene consumato in varie parti del Sudamerica. In Argentina, però, è più di una semplice bevanda: è un rituale condiviso.

Di solito il mate si beve in gruppo: una persona lo prepara con grande maestria e poi lo passa a chi lo vuole bere. Questa è una delle espressioni argentine tipiche che tiene uniti i viaggiatori nel mondo: ogni volta che un argentino fa conoscenza con uno straniero, gli vengono fatte sempre la stessa proposta: ci beviamo del mate? E prima che possa rispondere, gli raccontano che, in un aeroporto in Asia, per poco non gli hanno confiscato la yerba mate, perché pensavano fosse droga; o che il pacchetto che hanno gli è stato regalato da un altro argentino di ritorno a casa, perché gli avanzava.

Traje facturas (“Porta i dolci”)

In Argentina le fatture si mangiano. No, non ci riferiamo alle bollette del gas o di internet, ma a quei dolci che non mancano mai in tavola quando è ora di fare colazione o merenda, che si chiamano, per l’appunto, facturas. Il classico pasto consiste in café con leche e medialunas (letteralmente: “mezzelune”).

Alcuni pensano che le medialunas siano un’imitazione del croissant, ma non è così: il croissant è salato e ha un impasto arioso, la medialuna è dolce, compatta e perfetta. Dato che gli argentini sono consumatori compulsivi di medialunas, sanno distinguere lontano un miglio quelle fresche e calde di forno da quelle asciutte o del giorno prima.

Ma ci sono molti altri dolci, oltre le medialunas, che prendono il nome di facturas: ci sono anche i vigilantes (“guardie”), cañoncitos (“cannoncini”), suspiros de monja (“sospiri di monaca”), sacramentos (“sacramenti”), bolas de fraile (“palle di frate”)… Questi dolci sono stati battezzati da un gruppo di fornai anarchici che, in segno di protesta, volevano prendersi gioco di diverse istituzioni, come polizia, esercito e chiesa, e lo fecero tramite i nomi dei loro prodotti.

El dulce de leche es sagrado (“Il dulce de leche è sacro”)

Illustrazione sul dulce de leche argentino

Per continuare con i modi di dire argentini che hanno a che fare con il cibo: il dulce de leche è un orgoglio nazionale. C’è chi dice che sia stucchevole e troppo zuccherato, altri non possono farne a meno. Il dulce de leche sta bene con tutto: col pane, con le facturas (ci sono anche facturas preparate con un ripieno di dulce de leche), coi biscotti, con le banane, con i brownie, con le torte di compleanno (non è una vera torta se non c’è del dulce de leche).

Il gelato di dulce de leche con pezzetti di cioccolato è un grande classico (solo il gelato si meriterebbe un articolo a parte) e un prestigioso vanto per una gelateria è quello di “offrire il miglior gelato di dulce de leche del quartiere”. Inoltre il dulce de leche è l’ingrediente fondamentale di uno dei dolci argentini più buoni: l’alfajor.

Este finde hay asado en casa (“Questo fine settimana c’è una grigliata a casa”)

L’offerta gastronomica argentina non è forse delle più variegate, eppure gli argentini amano mangiare e, soprattutto, amano mangiare in compagnia.

Proprio come il mate, che è molto più di un infuso, anche l’asado è molto più di un semplice modo di mangiare la carne: è un’attività sociale. Una grigliata si organizza in anticipo, ci si divide i compiti e tutti contribuiscono in qualche modo: preparando le insalate, comprando la carne, portando le bibite e il ghiaccio, preparando il fuoco e la picada (ossia gli stuzzichini che si mangiano mentre si aspetta che la carne sia pronta, e che in genere consistono in formaggio, arachidi, olive).

A occuparsi della griglia c’è il cosiddetto asador, che serve prima di tutto i choris (una specie di salsicce) e, in ultimo, le patate alla brace. Nel mezzo è possibile che vengano serviti hamburger, bistecche, pollo, interiora, maiale, anche se, solitamente, l’asado si limita alla carne bovina. Una volta che i piatti sono stati svuotati, la grigliata non è ancora finita. Inizia infatti la cosiddetta sobremesa: si rimane seduti al tavolo a lungo, a conversare sulle cose della vita.

Dame otro Fernet con coca (“Dammi un altro fernèt e cola”)

In ogni paese c’è un piatto o una bevanda che rappresenta un “battesimo del fuoco” o “rito di iniziazione” per gli ospiti stranieri: in Argentina si tratta del fernèt e cola.

Il fernèt è una bevanda alcolica a base di erbe ed è stata creata in Italia, dove generalmente viene bevuta come digestivo. È arrivato in Argentina nel diciannovesimo secolo e al giorno d’oggi, in Argentina vengono consumati i 3/4 della produzione mondiale di questo liquore, ma con un tocco locale: il fernèt si beve con molto ghiaccio e Coca Cola (non con la Pepsi e nemmeno con la Coca Cola Light).

Gli stranieri dicono che sa di sciroppo, che è molto amaro e alcuni sfrontati dicono che è disgustoso. Una cosa è certa, in ogni caso: gli stranieri che si innamorano del fernèt non possono più tornare indietro.

Boludo

Questa è probabilmente una delle parole argentine più utilizzate. Tuttavia, è difficile dare una definizione esatta di boludo. Letteralmente, l’espressione si riferisce alle dimensioni dei testicoli e il dizionario riporta che si usa per dare dello stupido a qualcuno. Però per gli argentini in genere non è un insulto (anche se può risultare tale, a seconda del tono che si usa e del contesto in cui si usa).

In Argentina si può usare il termine boludo o boluda tra amici (boluda, no sabés lo que me pasó, ossia “boluda, non sai che mi è successo”), oppure si può dire no seas boludo (“non fare il boludo”) per spronare qualcuno che non si mette a fare qualcos; ancora, si dice a qualcuno che deje de hacer boludeces (“smetta di fare boludeces”) per chiedergli di smettere di fare sciocchezze; infine dale, no me boludees si usa per chiedere a qualcuno di prenderlo/a sul serio e di non provare a ingannarlo/a.

Se si dice che qualcosa è una boludez vuol dire che ci sembra facile e se qualcuno se hace el boludo è perché si sta disinteressando a una situazione. E, se è vero che a volte gli argentini sos un boludo come un insulto, si tratta di un insulto molto meno deciso di pelotudo, che letteralmente significa la stessa cosa ma ha una connotazione più forte.

En pedo / de pedo / al pedo / a los pedos

Questa è una di quei modi di dire argentini che si usano in mille modi diversi. Letteralmente, pedo corrisponde al nostro “peto, scoreggia”. Si riferisce a, come dire, un vento corporeo.

Però il significato di questo termine varia in base a ciò che lo precede. Dunque estar en pedo significa essere ubriaco (se una persona è molto ubriaca, ha un pedo de colores) e si tratta inoltre di un modo di dire a qualcuno che è pazzo, ad esempio così: ¡estás en pedo, eso no es así! (“sei fuori di testa, non è così!”).

Fare qualcosa de pedo significa farlo per caso o per una questione di fortuna (llegué a tiempo de pedo, porque había mucho tráfico, ossia “arrivai in tempo per pura fortuna, perché c’era molto traffico”), starsene al pedo vuol dire stare senza far nulla (hoy no trabajo, estoy al pedo, ossia “oggi non lavoro, non faccio niente”), però si può usare anche per riferirsi a qualcosa di inutile (es al pedo que le pidas eso, no lo va a hacer, ossia “è inutile che glielo chieda, non lo farà”).

Andare a los pedos vuol dire andare molto velocemente (esa moto va a los pedos, ossia “quella moto va fortissimo” oppure estás yendo a los pedos, no te entiendo nada, ossia “stai andando troppo veloce, non capisco nulla”), dire che non si farà qualcosa ni en pedo vuol dire che non lo si farà neanche per sogno e, infine, tirarse un pedo significa espellere gas.

Qué quilombo

La parola quilombo viene dal lunfardo e significa, letteralmente, “bordello”. Ma che cos’è il lunfardo? Si tratta di un gergo o modo di parlare popolare che nacque a Buenos Aires e dintorni nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Molti modi di dire argentini arrivarono con gli immigrati europei, in particolar modo italiani, e si diffusero attraverso il tango e altri generi musicali.

Molte delle parole che si usano oggi in Argentina vengono dal lunfardo e quilombo è una di queste. Per gli argentini un quilombo è un pasticcio o qualcosa di complicato (un “casino”, diremmo in italiano). Esto es un quilombo o ¿qué es este quilombo? sono esternazioni che possono riferirsi al disordine di un luogo o di una situazione. Se chiediamo a qualcuno che no nos meta en quilombos, gli stiamo chiedendo di non metterci nei casini. E se vogliamo dirlo al vesre (ossia al contrario), diremo qué bolonqui.

Che

Che è probabilmente un’altra delle parole argentine che si usano di più e che più lo rappresenta al di fuori dell’Argentina, nonostante venga utilizzata in vari paesi e abbia un’origine difficile da individuare. La parola che, in generale, si usa a Valencia (in Spagna) da diversi secoli e nelle comunità indigene del Nord dell’Argentina (in guaraní, che significa “a me”).

Si pensa anche che potrebbe derivare dall’intercalare in dialetto veneziano “ciò” o dall’italiano “cioè”. In Argentina si usa il che in modo informale come interiezione, per richiamare l’attenzione di qualcuno con cui siamo in confidenza (che, ¡mirá eso!, ossia “ehi, guarda là!”), per parlare con tutti i presenti (che, no saben lo que me pasó, ossia “voi non sapete quello che mi è successo”), per dare un ordine (dale, che, vení, ossia “forza, su, vieni”), si usa per rimpiazzare il nome di un amico o soprattutto per rivolgersi a una persona (che, ¿te conté lo que dijeron?, ossia “ehi, hai capito quello che han detto?”) e a volte per riempire un silenzio durante una conversazione (pero, che, ¡qué cosa bárbara!, “ma, che dire, che cosa incivile!”).

Te mando un beso (“Ti mando un bacio”)

Illustrazione sulla tradizione argentina di baciarsi sulle guance quando ci si saluta.

Agli argentini piace baciare. Si salutano dandosi baci sulle guance e lo fanno praticamente con tutti. Le donne danno baci alle donne e agli uomini e anche gli uomini si baciano tra di loro. Insomma, tutti baciano tutti: è un modo per salutarsi.

Concludono le chiamate telefoniche, le chat e le e-mail dicendo un beso (a meno che non debbano mantenere un registro formale e in quel caso si mandano dei saluti o saludos). Alcuni stranieri che vengono da paesi dove i saluti sono più distanti si sentono un po’ intimiditi da tanta vicinanza. Gli argentini infatti si baciano, ma non solo: si abbracciano e si dicono spesso te quiero (cioè ti amo in spagnolo).

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